Arte & Cultura

LE INDEMONIATE DI VERZEGNIS

di Pancrazio Caponetto – Per la scienza medica si trattava di un episodio di ” istero – demonopatia “; il clero locale invece individuava i segni di una possessione demoniaca. In questi termini, scienza e fede, tra il 1878 e il 1879, si posero nei confronti dell’oscuro caso delle indemoniate di Verzegnis.
Verzegnis è un villaggio montano della Carnia nel Friuli settentrionale. Qui, nel periodo ricordato, decine di donne caddero preda di un male che si manifestava con violente crisi con urla, bestemmie, grida di rabbia. I primi episodi del male si ebbero nella primavera del 1878 quando sette ragazze di Chiaicis, una frazione di Verzegnis, comprese tra i quindici e i vent’anni, furono vittime di malesseri che dopo pochi giorni sfociavano in vere e proprie crisi : ” Interamente prive di sensi , le ammalate cadono a terra con la bocca stravolta, gridano, urlano, si agitano come forsennate. ” ( così il parroco Giovanni D’Orlando al gesuita Joseph De Bonniot. ).
I primi interventi medici, non sappiamo se di professionisti o di esponenti della medicina popolare tradizionale, non sortirono alcun effetto ; pertanto il parroco D’Orlando chiese all’Arcivescovo di Udine l’autorizzazione a praticare gli esorcismi del Rituale Romano. Dunque la Chiesa locale e la popolazione di Verzegnis credevano si fosse di fronte ad episodi di possessione demoniaca. La Curia di Udine manifestò prudenza e , prima di assecondare le richieste di D’Orlando, inviò sul luogo in missione due preti di fiducia.Uno di essi, don Giacomo Paschini, parroco di Tolmezzo e nativo di Verzegnis, dopo aver visitato le ragazze, scrisse: ” Tutte esse giovani sono di buoni costumi. Non hanno mai dato alcun sospetto sulla loro religiosità e moralità. ”
Entrambi i religiosi, infine, pur sottolinenando l’eccezionalità dei fenomeni, non si pronunciarono per la tesi della possessione demoniaca. Tuttavia, uno dei due, don Antonio Deotti, curato di Portis e nativo di Chiaicis, registrava l’umore della popolazione locale e dei parenti delle ragazze che, convinti di essere in presenza di manifestazioni diaboliche , chiedevano l’immediato intervento del clero. Pertanto don Deotti scrisse in due riprese alla curia di Udine sollecitando la pratica degli esorcismi.
La curia, evidentemente convinta dalle parole di don Deotti, concesse il permesso di praticare gli esorcismi anche se a condizione che le giovani malate fossero prima sottoposte a una visita medica. L’intervento della curia si rese necessario anche perchè il male delle ragazze di Chiaicis si stava estendendo, manifestandosi anche in pubblico. Infatti, durante una messa del 25 novembre 1878, celebrata per ottenere la cessazione del flagello, ” al principio del Credo – raccontava il parroco D’orlando – una donna maritata di 64 anni, si rovesciò sul suo banco e si mise a dimenarsi e a gridare. Subito le altre ammalate furono assalite dalla crisi ciascuna a sua volta, di modo che al momento della consacrazione si udirono clamori, e uno schiamazzo impossibile a descriversi. Gli urli, le bestemmie, i gridi di rabbia davano un ‘immagine dell’inferno. ”
Di fronte alla clamorosa manifestazione in pubblico del male, non poterono non muoversi le autorità civili. Intervennero il sindaco di Verzegnis Antonio Billiani, il commissario di Tolmezzo, che dispose una visita medica per le ragazze, e, soprattutto il Prefetto di Udine che inviò nel paese un delegato. Questi visitò alcune ragazze, incontrò il parroco D’Orlando e stilò un articolato rapporto che faceva risalire le origini del male al novembre 1877, quando si era svolta nel paese la missione del gesuita Michele Tomasetig. Il padre, a giudizio del funzionario prefettizio, con la sua predicazione aveva lasciato il segno nelle popolazioni locali eccitando gli animi, causando un aumento della passione religiosa ma anche un aggravamento delle condizioni di salute di numerose donne già affette da ” mania isterica “. Il rapporto conteneva anche un atto d’accusa nei confronti del clero locale che era stato pronto a ” secondare i pregiudizi e le superstizioni dei poveri ed ignoranti villani, intervenendo coi riti del loro ministero ad esorcizzare le affette “. Pertanto il delegato concludeva la sua relazione invitando i religiosi locali a ” desistere da ogni ulteriore tentativo di esorcismi, e ad adoperarsi all’incontro perchè cessasse ogni eccitamento alla superstizione a tale riguardo. ”
Sulla linea dell’anticlericalismo si schierò anche la stampa friulana. “Il Giornale di Udine “, quotidiano dei liberali moderati, si occupò del caso nel dicembre 1878, suggerendo come rimedi : visite mediche, ricoveri ospedalieri, collocamento delle malate in famiglie, istituzione di scuole femminili. Anche un altro foglio a stampa, ” L’esaminatore Friulano “, prendeva posizioni simili scagliandosi violentemente contro i gesuiti “pestifera genia, che dappertutto cerca di suscitare contro il governo italiano la malevolenza e l’odio. ”
” Appare dunque evidente – ha scritto Luciana Borsatti, alla quale dobbiamo lo studio più approfondito sulle indemoniate di Verzegnis – come, fin dal principio del caso Verzegnis si fosse fatto un uso ideologico e politico nella direzione tracciata dalle vecchie battaglie risorgimentali. ”
Le visite mediche invocate da ” Il Giornale di Udine “, presto arrivarono. Il Prefetto del posto, conte Mario Carletti, nel dicembre 1878, convocò una seduta straordinaria del Consiglio sanitario provinciale disponendo l’invio a Verzegnis di una commissione medica guidata da Giuseppe Chiap, protomedico e Fernando Franzolini, primario chirurgo dell’ospedale di Udine. I due dopo pochi giorni si recarono a Verzegnis dove visitarono tredici malate.
Franzolini, nella relazione del 5 gennaio 1879, al Consiglio sanitario provinciale, si soffermava in particolare sul caso di una giovane donna di Chiaicis, Margherita Vidusson, ritenendo la sua malattia all’origine del fenomeno delle indemoniate. Per la medicina del tempo la Vidusson presentava tutti i sintomi dell’isteria ai quali col procedere della malattia si erano aggiunte crisi convulsive. Secondo Franzolini il sindaco e l’autorità sanitaria del paese avrebbero dovuto intervenire per curare quell’unico caso di isteria. Le cose andarono invece diversamente. Nel paese si diffuse la convinzione che la giovane fosse “indemoniata ” e pertanto venne condotta al santuario di Clauzetto dove si praticavano esorcismi. In questo ambiente dove confluivano dal Friuli e dalle zone vicine uomini e donne ritenuti ” spiritati ” e ” ossessi “, le condizioni della Vidusson peggiorarono con manifestazioni di ira, bestemmie, gesti violenti contro se stessa e gli altri. ” Il male – scrive la Borsatti – assunse quella veste che sarebbe stata ripresa dalle sue compagne di sventura”. Infatti, come racconta Franzolini nel luglio del 1878, “la cosa divenne pubblica, se ne fece chiasso, se ne fece spettacolo. Dai dintorni, e perfino dalla civile Tolmezzo frotte di curiosi si recarono a Verzegnis a visitare le spiritate ed a farne baccano. Si istituirono ben presto gli esorcismi a domicilio, ed in brevissime settimane l’epidemia raggiunse il suo massimo a Chiaicis ed a Villa. ”
Tutte le donne, secondo Franzolini, evidenziavano da diversi anni i sintomi dell’isteria, a questi nel tempo si erano aggiunti nuovi fenomeni: parlare in terza persona come se un spirito si esprimesse attraverso di loro, accessi di ira con imprecazioni e bestemmie, manifestazioni di poteri profetici e chiaroveggenti. Pertanto il Dott. Franzolini osservava che tutti i casi avevano i caratteri del ” delirio demonomaniaco “.
Il 28 dicembre 1878, i dottori Chiap e Franzolini chiudevano la loro visita a Verzegnis stilando un verbale in un incontro in municipio alla presenza di sindaco, assessori, segretario comunale, cappellano di Chiaicis e alcuni parenti delle malate. Veniva messa agli atti la diagnosi medica; veniva disposto il ricovero ospedaliero delle malate più gravi; venivano sollecitati alcuni provvedimenti tra cui la cessazione degli esorcismi. Ma soprattutto autorità comunali e clero venivano invitati a convincere la popolazione locale della naturalità del fenomeno escludendo qualsiasi riferimento a cause soprannaturali. Successivamente il Consiglio sanitario provinciale e il Prefetto ordinarono che sull’attuazione di queste misure vigilassero il Commissario di Tolmezzo e i Carabinieri.
Sul finire del mese di febbraio del 1879, i dottori Chiap e Franzolini fecero una seconda visita a Verzegnis, dove la popolazione locale e le malate li assicurarono che l’epidemia era terminata. Ben presto però i due si accorsero che il male era ancora presente solo che non si manifestava più in pubblico, ma nel segreto delle case di Verzegnis. I medici riuscirono a scoprire che violente crisi si verificavano ancora anche nelle donne che avevano dichiarato la loro guarigione; che vi era stato un nuovo caso che aveva colpito un giovane di trent’anni ; che nuove fantasie si erano diffuse nel paese in quanto si credeva che i diavoli avessero abbandonato per qualche tempo le malate in cambio di compensi in denaro o in natura.
Pertanto Franzolini e Chiap scrivevano che era necessaria la presenza permanente nel paese di un medico ” al quale sia ben nota la natura dell’epidemia ed il vero ed il sospettato stato delle cose ; che sia energico di carattere e nel tempo stesso dotato di finezza e di astuzia; e che sia autorizzato ad usare della pubblica forza onde far tradurre all’ospedale di Udine, una per una, le malate che andrà riscontrando soggette agli eccessi caratteristici “.
Inoltre il Dott. Franzolini, nella sua relazione del febbraio 1879, constatava che l’epidemia opponeva “specialissime difficoltà ” a ” venire dominata “. Pertanto erano del tutto giustificate “più severe misure ” che le autorità governative avrebbero dovuto adottare : ” misure, che forse rasenteranno l’eccecezionalità, e sforzeranno i giusti limiti delle nostre istituzioni”.
Insomma , come ha sottolineato la Borsatti, i medici e le autorità considerarono l’epidemia più ” come un pericolo pubblico da sventare, che come un fenomeno patologico da curare”. Pertanto appariva legittima ” una sorta di sospensione dei diritti e delle libertà individuali all’interno delle strutture addette alla gestione della devianza ( manicomio, prigione, riformatorio, ecc. ) “. ( Lucian Borsatti, Le indemoniate ).
Le “più severe misure ” invocate da Franzolini furono presto attuate. Accadde infatti che nuovi inquietanti fenomeni si verificarono a Verzegnis. La popolazione del paese iniziò a credere che le indemoniate potessero comunicare la parola di Dio e profetizzare il futuro. A casa di una ragazza malata , Veronica Paschini, si riunivano più di cento persone per assistere ai suoi deliri che il padre interpretava come autentiche profezie. Inoltre si organizzò nel paese, nonostante il divieto delle autorità e la defezione del parroco, una processione spontanea per liberare le indemoniate. Quando poi si diffusero le voci che i paesani intendevano portare tutte le spiritate al santuario di Clauzetto, scattò l’intervento della forza pubblica. Il 27 aprile 1879 giunse in paese una compagnia di soldati di fanteria che condusse via, verso il ricovero ospedaliero, tredici donne malate.
L’intervento delle autorità fece arrivare il caso delle indemoniate di Verzegnis, fino in Parlamento. Un deputato progressista, l’avvocato Giacomo Orsetti, invio un telegramma di protesta al ministero dell’Interno lamentando che le donne malate, senza previo assenso dei parenti, senza previa visita medica, fossero state ricoverate ad Udine tra le maniache, con divieto di visita dei congiunti. Presentata,poi, un’interrogazione alla camera dei deputati, Orsetti , nel luglio, tenne un discorso in aula denunciando che la diagnosi di pazzia formulata, non giustificava l’intervento repressivo. Inoltre l’azione della forza pubblica aveva leso il diritto di libertà individuale e pertanto era necessaria una tutela da parte del governo. Nella risposta all’ On. Orsetti, il Ministro dell’Interno Tommaso Villa ricordava che l’azione repressiva non era stata arbitraria, ma suggerita dall’autorità sanitaria e si era resa necessaria per la tutela dei pubblici e privati interessi. Inoltre egli assicurava che ” l’autorità di pubblica sicurezza cercherà sempre di fare del proprio meglio per tutelare per quanto sia possibile gli interessi e la libertà individuale. ”
Nel commentare la risposta di Villa la Borsatti scrive che ” lo Stato di diritto aveva così legittimato il suo intervento contenitivo e repressivo con il supporto del sapere medico : la verità di una scienza positiva aveva insomma giustificato la messa in opera di un dispositivo di governo. ”
La Borsatti individua così, il ruolo svolto dalla scienza medica nella vicenda delle indemoniate e ricorda che già all’epoca dei fatti vi era stato chi lo aveva denunciato. Infatti, vengono prese in considerazione dalla Borsatti le posizioni del periodico satirico ” Il Martello ” che, a proposito del ricovero forzato delle malate, aveva parlato di “indescrivibile atto di incostituzionalità ” , commesso dal Prefetto della provincia per assecondare con arrendevolezza i dettami della ” scienza contemporanea “. Il periodico non risparmiava il Dott. Franzolini definito “medico dell’avvenire”, “veterinario provinciale “. In sostanza, secondo il giornale, il ceto medico aveva operato come una “nuova casta “che si faceva rispettare con metodi repressivi che ricordavano quelli del governo austriaco. La critica de ” Il Martello ” appariva ” guidata da una lucida percezione del peso sempre maggiore che il ceto medico andava esercitando sulla vita sociale, politica e culturale del nuovo stato unitario, e dei rischi che a tale fenomeno inerivano “. ( Luciana Borsatti, Le indemoniate ). Contro questa pericolosa deriva il giornale difendeva i principi della ” piena ed intera libertà di tutti ” e il rispetto di tutte le persone anche malate.
Il 22 agosto 1879 il Commissario di Tolmezzo scriveva alla prefettura che ” tutte le isterodemonopatiche state curate all’Ospedale di Udine godevano di buona salute, che nessun caso nuovo e verun disordine era avvenuto in quel comune. ” Quattro anni dopo i fatti, i dottori Chiap e Franzolini presentarono una relazione ricordando come l’epidemia fosse stata contenuta, fino a sparire, dalle severe misure prese dalle autorità : sorveglianza costante nel paese garantita da un dottore di Tolmezzo ; manifestazioni di culto limitate alla pratica ordinaria; visite frequenti a Verzegnis del commissario e dei carabinieri. ” Verzegnis – scrivevano Chiap e Franzolini nella loro relazione – rimarrà un paese di isteriche e di superstiziose, ma il bastone della scienza ha percosso giusto e soggiogato il soggiogabile. ”
In conclusione dobbiamo dire che la vicenda dell “indemoniate ” di Verzegnis non si chiude nel 1879. Esse hanno continuato ad essere al centro dell’attenzione di scrittori, intellettuali, artisti. Abbiamo avuto così tre edizioni del libro di Luciana Borsatti, più volte citato; due romanzi uno di Pietro Spirito, l’altro di Raffaella Carnelutti ; un testo teatrale di Carlo Tolazzi e Giuliana Musso; un documentario su Rai storia. E’ probabile che tanto interesse derivi dal fatto che una storia di un paese del Friuli aiuta a capire tanti aspetti della società italiana degli anni ’70 – ’80 dell’Ottocento : lo strapotere assunto dalla “casta ” medica; la sopravvivenza di tradizioni e religiosità popolari ; l’anticlericalismo dello Stato liberale postunitario e la sua lotta con la Chiesa. Sullo sfondo di tutto questo rimangono le donne di Verzegnis, con la loro malattia, le loro sofferenze, il loro dolore.
Per mantenerne vivo il ricordo è stato scritto questo articolo ..


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