Penale

Cassazione: Immigrati, stop ai viaggi in container: scatta reato di omicidio colposo

Giro di vite della Cassazione nei confronti degli organizzatori dei viaggi della speranza in container. Con una sentenza la Quarta sezione penale stabilisce che, in caso di morte dei passeggeri, risponde di omicidio colposo chi organizza questo tipo di viaggi. Poco importa il preventivo “consenso” del clandestino.

In questo modo, la Suprema Corte ha convalidato una condanna a due anni di reclusione per omicidio colposo nei confronti di Daniel B., un rumeno 36enne che al porto di Livorno organizzava, dietro compenso, viaggi nei container per clandestini. Secondo gli ermellini, “correttamente è stata esclusa ogni valenza al consenso delle vittime a quelle peculiari e pericolose modalità di emigrazione, cioè al loro confinamento nei container, e quindi ad affrontare il pericolo, in modo da sfuggire al controllo”. I fatti analizzati da piazza Cavour si riferiscono al 13 dicembre 2001 quando nel porto di Montreal, in Canada, furono trovati due cadaveri, in avanzato stato di decomposizione, all’interno di un container traportato da una nave proveniente da Livorno da dove era partita tredici giorni prima.

Le indagini, come ricostruisce la sentenza 20245, fecero ritenere che i clandestini, di origine rumena, erano stati chiusi nel container a Livorno, la sera prima del loro ritrovamento da Daniel B.. Dunque, secondo la Suprema Corte, che ha fatto sue le motivazioni della Corte d’appello di Firenze, nell’aprile 2009, “asfissia o inalazione venefica o a freddo non sarebbero state mortali se le persone avessero avuto la posibilità di tornare all’aria, o di andare più al caldo o, comunque, di chiedere soccorso”. Ecco perché “è conforme alla più elementare logica la prevedibilità dell’evento dannoso che ne seguì, sicché la colpa dell’imputato, che peraltro si esplicò anche nella fase induttiva a quel tipo di emigrazione clandestina oltre che in quella esecutiva, fu davvero enorme tanto da rasentare la colpa cosciente che, comunque, è stata esclusa e si pose come causa diretta delle morti”. Da qui l’inammissibilità del ricorso presentato dalla difesa di Daniel D. che inizialmente venne processato per omicidio volontario.

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