Amministrativa

Sanzione disciplinare e risarcimento danni – Consiglio di Stato Sentenza n. 5998/2012

sul ricorso numero di registro generale 5963 del 2012, proposto dal signor Gennarini Valentino, dal Comitato Taranto Futura, in persona del coordinatore in carica, dal signor Nicola Russo, dall’Associazione Tarantovola, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dall’avv. Giuseppe Carlucci, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio – Figc in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58;
Lega Italiana Calcio Professionistico – Lega Pro in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Bruno Biscotto e Maurizio Marino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Bruno Biscotto in Roma, via Pisanelli, 40;
Comitato Olimpico Nazionale Italiano – Coni, non costituito in appello;
nei confronti di
Ternana Calcio s.p.a., As Taranto Calcio s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III QUATER n. 5985/2012, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare e risarcimento danni.

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n.5998/2012 del 27.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Federazione Italiana Giuoco Calcio – Figc e di Lega Italiana Calcio Professionistico – Lega Pro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Quinto, per delega dell’avv. Carlucci, l’avvocato Mazzarelli per delega dell’avv. Biscotto, e l’avvocato Marino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I) Col ricorso n. 4756 del 2012, i ricorrenti, sostenitori dell’associazione sportiva Taranto Calcio s.r.l., hanno impugnato davanti al Tribunale amministrativo del Lazio il provvedimento di penalizzazione di sei punti da detrarre dalla classifica del campionato di calcio 2011-2012 della lega professionisti, prima divisione, irrogato dalla Federazione gioco calcio all’associazione sportiva di cui sopra per il ritardo nel pagamento di stipendi ed emolumenti ai lavoratori dipendenti e ai calciatori, e i provvedimenti connessi.
I medesimi ricorrenti hanno anche chiesto il risarcimento del danno asseritamente patito per effetto dei provvedimenti impugnati.
II) Il Tar del Lazio, con la sentenza impugnata pronunciata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. in esito alla camera di consiglio nella quale era stata chiamata l’istanza cautelare connessa al ricorso, ha rilevato la carenza assoluta di giurisdizione del giudice dello Stato a pronunciarsi sulla questione, in quanto la cognizione sulla sanzione prevista dall’art. 18 del codice di giustizia sportiva appartiene alla giustizia sportiva, e la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria, che ricade nell’ambito di cognizione della giurisdizione ordinaria.
III) Avverso tale sentenza è stato proposto l’appello ora in esame, con il quale si ribadisce l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio e, alla luce anche della normativa comunitaria, si e dedotta:
– la sussistenza della legittimazione in ordine alla domanda demolitoria, dato che la legittimazione si collegherebbe alla qualità di utenti e consumatori dei ricorrenti, oltre che all’esercizio dell’azione popolare prevista dall’art. 9 d.lgs. n. 267 del 2000 e al principio di sussidiarietà riconosciuto dall’art. 118 Cost., e;
– contrariamente a quanto affermato dal TAR, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sia quanto all’azione annullatoria, sia quanto alla domanda risarcitoria.
L’appello, contrariamente all’eccezione sollevata dalla resistente Federazione italiana gioco calcio, è ricevibile, poiché il suo oggetto non è confinato nell’ambito di quelli previsti dall’art. 119, lett. g), cod. proc. amm., al quale si applica il regime processuale accelerato, ma si amplia nella indagine circa la risarcibilità di posizioni soggettive collegate o ricollegabili con i provvedimenti sportivi.
IV) Osserva il Collegio che le due questioni preliminari ritenute ostative dal primo giudice alla pronuncia sul merito del ricorso, relative alla legittimazione a reagire in giudizio avverso le sanzioni sportive e all’ambito della giurisdizione deputata a conoscerne sono state più volte esaminate dalla giurisprudenza anche di questo Consiglio di Stato.
Essendo, tra le due questioni, assolutamente prioritaria quella che propone la delimitazione della giurisdizione (poiché solo il giudice capace può risolvere il problema della capacità della parte), vale puntualizzare il sistema dei rapporti tra giurisdizioni, anche recentemente ricostruita da questo Consiglio di Stato (sezione VI, 24 gennaio 2012, n. 302).
L’art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con l. 17 ottobre 2003, n. 280, dispone, al comma 2, che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.
La disposizione disciplina il delicato rapporto tra l’ordinamento statale e uno dei più significativi ordinamenti autonomi che con il primo vengono a contatto, garantendo due diverse esigenze costituzionalmente rilevanti:
– da un lato, quella dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, cui ampia tutela è riconosciuta dagli artt. 2 e 18 della Costituzione;
– dall’altro, quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell’ordinamento, siano rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.
Da un lato, quindi, l’art. 1, comma 2, del d.l. n. 220 del 2003 ha inteso rispettare l’autonomia dell’ordinamento sportivo, dall’altro, espressamente ha precisato che l’autonomia in questione non sussiste allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.
In applicazione dei suddetti principi, il successivo art. 2 dello stesso citato decreto legge dispone che “è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.
Ai sensi del successivo art. 3, “esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”.
Come è stato chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:
– una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata alla cognizione del giudice ordinario;
– una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, non apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”;
– una terza, tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati) – demandati al giudice ordinario -, per altro verso non rientra tra le materie che, ai sensi dell’art. 2, d.l. n. 220 del 2003, sono riservate all’esclusiva cognizione degli organi della giustizia sportiva.
La stessa Corte costituzionale -nel dichiarare non fondata la questione relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lett. b) e, in parte qua, del comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione sollevata con ordinanza del Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 11 febbraio 2010, n. 241)- ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice amministrativo mediante la tutela risarcitoria.
Nel condividere l’impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l’art. 1, d.l. n. 220 del 2003 in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che – laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale – la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.
Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.
La Corte costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività della tutela, previsto dall’art. 24 Cost., essendo comunque consentita una diversificata modalità di tutela giurisdizionale.
IV) Alla stregua dell’illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale, ritiene il Collegio che, mentre deve essere condivisa la carenza di giurisdizione rilevata dal Tar in ordine alla domanda demolitoria, giacché, come si è detto, l’ordinamento riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo, rientra invece nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di tipo risarcitorio.
Vanno infatti richiamati i principi enunciati in materia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 21577 e n. 23598 del 2011), per i quali la giurisdizione amministrativa sulla domanda risarcitoria sussiste anche se è discussa la legittimazione ad agire (in termini, v. anche Sez. Un., ord. 12 marzo 2009, n. 5973).
In accoglimento del motivo di appello dedotto nell’ambito del secondo mezzo la sentenza impugnata, in conclusione, merita annullamento nella parte in cui ha escluso il risarcimento del danno asseritamente patito dai ricorrenti dall’ambito di quelle riservate alla giurisdizione amministrativa (restando questione successiva, demandata al Tar, quella relativa alla imputazione soggettiva del relativo diritto, vale a dire se ai singoli ricorrenti, che non sono i destinatari della sanzione, può essere o meno riconosciuta la legittimazione ad agire in giudizio e, in via successiva, anche la titolarità di una posizione soggettiva concretamente risarcibile).
V) Nei sensi e nei limiti di quanto sopra l’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente rimessione al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm.
Le spese dei due gradi del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato n. 5963 del 2012, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata e rimette la causa al Tar del Lazio.
Spese compensate dei due gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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