Civile

La pendenza del processo sul permesso di soggiorno non legiuttima la sospensione del provvedimento di espulsione. Cassazione Prima Sezione Civile Sentenza n. 6370 del 01/04/2004


Corte di cassazione


Sezione I civile


Sentenza 1° aprile 2004, n.
6370


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Al cittadino tunisino R. R. B.
A. veniva revocato il permesso di soggiorno per motivi di lavoro valido fino al
2003, con atto del Questore di Pesaro del 6 settembre 2001, per non avere mai
lavorato e non essere reperibile al domicilio dichiarato e per essere stato
arrestato per spaccio di stupefacenti, potendosi ritenere persona pericolosa per
la sicurezza pubblica, ex art. 1, n. 2, della l. 1423/1956, modificato dall’art.
2 della l. 327/1988.
Il Prefetto di Pesaro e Urbino rigettava l’impugnazione di detta revoca, con
atto del 24 ottobre 2001 contro il quale era preposto ricorso al TAR delle
Marche, che fissava l’udienza per l’eventuale sospensione dell’atto il 7 maggio
2002.
In data 24 aprile 2002 il Prefetto di Pesaro e Urbino emetteva decreto di
espulsione di R. R. B. A. ex art. 13, comma 2, lett. b), d.lgs. 286/1998 per
avere revocato il permesso di soggiorno il Questore di Pesaro, e contro questo
atto l’espulso presentava ricorso al Tribunale di Pesaro, domandando di
sospendere il provvedimento e il giudizio civile sino all’esito del citato
ricorso al TAR delle Marche.
L’adito Tribunale, con decreto del 9 maggio 2002, negava la chiesta sospensione
del processo, dovendosi la revoca del permesso necessariamente impugnare dinanzi
al TAR, e rigettava il ri- corso avverso l’espulsione con compensazione delle
spese di causa.
Per la cassazione di detto decreto, R. R. B. A. ha proposto ricorso con due
motivi, notificato al ministero dell’Interno e al Prefetto di Pesaro; il solo
Ministero ha resistito con contro ricorso, mentre il Prefetto di Pesaro non ha
svolto attività difensiva.


MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Preliminarmente deve
dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del ministro dell’Interno
(Cassazione 5268/2003, 4847/2002, 2036/2002 e 9084/2000), perchè l’art. 13-bis
del d.lgs. 286/1998, di cui al d.lgs. 113/1999, chiarisce che, nel giudizio
contro l’atto d’espulsione amministrativa, il contraddittorio si instaura tra
l’espulso e l’autorità che ha emesso il provvedimento che è il Prefetto e nel
caso quello di Pesaro-Urbino, preposto all’Ufficio territoriale del Governo
(d.l. 300/1999).


Il ricorso per cassazione proposto contro il ministro dell’Interno e il
controricorso di quest’ultimo, sono quindi inammissibili.


2. I motivi di ricorso lamentano entrambi l’omessa sospensione del processo
civile, necessaria per la pendenza del ricorso al TAR delle Marche contro la
revoca del permesso di soggiorno.

Il primo motivo deduce
violazione dell’art. 295 in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per la
pregiudizia lità del processo dinanzi al TAR rispetto a questo in corso e
rileva che questa Corte ha ritenuto si debba cassare “il decreto con cui il
Tribunale abbia rigettato il ricorso proposto dallo straniero, a norma dell’art.
13 del d.lgs. 286/1998 contro il provvedimento d’espulsione del prefetto, se il
giudi ce di merito non abbia motivato sulla richiesta di sospensione del
procedimento ex art. 295 c.p.c., per la pendenza dinanzi al giudice
amministrativo dell’impugnativa del rifiuto di concessione del permesso di
soggiorno” (Cassazione 7867/2000 e 8381/2000).
L’accoglimento del ricorso al TAR comporta annullamento dell’atto di revoca
presupposto della espulsione, non avendo il Tribunale ordinario poteri cognitivi
sui vizi di legittimità di detto atto.

Il secondo motivo di ricorso
denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata,
ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., perchè, dopo la riserva del 6 maggio 2002,
il Tribunale ha rigettato l’opposizione all’espulsione, pure perchè il
ricorrente non aveva dato prova della sospensiva della revoca dal TAR, dopo che
il ricorrente aveva comunicato che i giudici amministrativi avevano fissato alla
successiva data del 7 maggio 2002 l’udienza sulla sospensione cautelare della
revoca del permesso di soggiorno.
3. Il ricorso è infondato, perchè esattamente il Tribunale di Pesaro non ha
sospeso il processo, non ricorrendo i presupposti della sospensione necessaria
di cui al primo motivo d’impugnazione e mancando ogni decisività del punto
rispetto a cui si deduce la motivazione illogica o contraddittoria del decreto.
Non vi è infatti pregiudizialità, logica e giuridica, del processo
amministrativo pendente in ordine alla revoca del permesso di soggiorno,
rispetto alla presente causa relativa al decreto di espulsio ne.
Si sarebbe dovuto applicare l’art. 295 c.p.c., sospendendo necessariamente il
presente giudizio, solo se la soluzione di quest’ultimo non fosse stata
logicamente possibile senza risoluzione pre ventiva del ricorso al TAR, e sempre
che la decisione del giudice amministrativo potesse, sul piano giuridico, dare
luogo a conflitti tra giudicati.
L’esame dei provvedimenti e delle posizioni oggetto di questa causa e del
processo amministrativo sugli atti relativi al permesso di soggiorno, esclude la
pregiudizialità logico-giuridica di questo alla altra.
Oggetto di questa causa è il provvedimento del Prefetto, che dispone
l’espulsione dello straniero, per essere stato revocato il permesso di soggiorno
dal Questore, ex art. 5, comma 5, d.lgs. 286/1998, con atto contro il quale v’è
stato prima ricorso gerarchico al Prefetto e poi l’impugnazio ne al TAR delle
Marche, ex art. 6, comma 10, dello stesso d.lgs.
La situazione soggettiva per la quale lo straniero puo’ soggiornare in Italia, a
differenza di quella del cittadino (art. 16 Cost.), non è diritto soggettivo ma
ha carattere affievolito e natura di interesse legittimo, sul quale naturalmente
ha giurisdizione il solo giudice amministrativo.
Il decreto d’espulsione, “immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a
gravame o impugnativa dell’interessato” (art. 13, comma 3, d.lgs. 286/1998, come
modificato dalla l. 189/2002), comporta accompagnamento coattivo alla frontiera
o eventuale trattenimento a cura del Questore (art. 14), con il divieto di
reingresso in Italia, per un periodo oggi di dieci anni e comunque non minore di
cinque anni (in passato da tre a cinque anni) e determina quindi restrizioni
alla libertà personale, incidendo su un diritto fondamentale della persona
riconosciuto dalla Costituzione (artt. 2 e 13) a tutti, cittadini e stranieri:
esso è quindi soggetto al controllo giurisdizionale dell’A.G.O. (sulla
giurisdizione in materia di espulsione, S.U. 2513/2002).
Proprio perchè incide su "diritti", il provvedimento di espulsione ha carattere
obbligatorio e vin colato e si deve emettere per il solo fatto del verificarsi
delle circostanze indicate nell’art. 13, comma 2, lett. b) e c), del d.lgs.
286/1998 (Cassazione 66963/2003, 5127/2003, 11725/2002, 9499/2002, 5050/2002,
16030/2001, tra molte); il Prefetto deve motivare l’atto con l’indicazione delle
ragioni che l’impongono, per consentire al destinatario di esso di difendersi (cosi’
Cassazione 6535/2002).
Il controllo dell’A.G.O. sul provvedimento prefettizio è quello del riscontro
dell’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che lo
impongono: legittimo è quindi l’atto del Prefetto, ogni volta che vi sia stata
revoca o annullamento del permesso di rimanere in Italia, anche se contro detti
atti del Questore penda processo dinanzi ai giudici amministrativi, perchè la
mera carenza del permesso di soggiorno, anche temporanea, fa venir meno il
diritto dell’immigrato di rimanere in Italia (cosi’ la cit. sent. 5127/2003).

Il provvedimento espulsivo ha
l’effetto istantaneo di imporre l’allontanamento dello straniero dall’Italia e
quello, perdurante nel tempo, di divieto di rientro: in quanto l’atto di
espulsione produce effetti che durano nel tempo (Cassazione 2746/2002), su tali
effetti soltanto e non sul provvedi mento avrà efficacia la decisione dei
giudici amministrativi in ordine al permesso, consentendo all’espulso, in caso
di esito positivo del suo ricorso, di domandare di nuovo il permesso stesso e
chiedere la revoca dell’espulsione e comunque di rientrare in Italia prima del
termine finale del divieto di rientro posto dalla legge o dall’atto di
espulsione, senza commettere i reati di cui ai commi 13 e 13-bis dell’art. 13
d.lgs. 286/1998.
La decisione del giudice amministrativo sul permesso non è quindi antecedente
logico di quella del giudice ordinario sul decreto d’espulsione, che
legittimamente fu emesso per l’esistenza della revoca, dell’annullamento e del
diniego del permesso di soggiorno successivamente annullati dal TAR; a seguito
della decisione definitiva dei giudici amministrativi di accoglimento del
ricorso, lo straniero potrà chiedere al Prefetto la revoca dell’espulsione,
sempre che il Questore abbia concesso altro permesso, non rigettando la relativa
richiesta e non abbia disposto altri annulla menti o revoche del permesso stesso
o che questo non sia scaduto e non sia stato rinnovato.
La revoca dell’espulsione consegue alla esistenza d’un valido permesso di
soggiorno la cui esistenza comporta la cessazione della materia del contendere
del processo civile sull’opposizione e non l’accoglimento di essa, essendo stato
comunque all’origine legittimo l’atto oggetto di sindacato giurisdizionale (cosi’,
pur se in riferimento alla sanatoria dell’immigrazione clandestina e alla revoca
ex lege delle espulsioni, di cui all’art. 2 del d.l. 195/2002, Cassazione
8191/2003).
Esclusa la consequenzialità logica del giudizio civile a quello amministrativo,
perchè in realtà hanno rilievo sul provvedimento oggetto di causa davanti a
giudice ordinario solo gli effetti pratici della pronuncia del TAR e non il
processo svoltosi davanti a questo (su questo collegamento, cfr. Cassazione
14795/2000), deve negarsi che vi sia pregiudizialità giuridica del processo
ammini strativo a quello civile.
Nel presente giudizio è infatti parte, come già rilevato, il Prefetto, mentre
nel processo ammini strativo è resistente il ministero dell’Interno e, quindi,
non possono aversi neppure gli effetti del giudicato per i limiti soggettivi di
questo, ex art. 2909 c.c., nè lo stesso conflitto potenziale a base della
sospensione necessaria, ex art. 295 c.p.c.
Anche a non volere seguire la giurisprudenza che nega la configurabilità
astratta della pregiudi zialità del giudizio amministrativo rispetto a quello
civile, almeno nell’azione risarcitoria (Cassazione 7193/2002), la carenza di
permesso di soggiorno è solo presupposto dell’espulsione e in ordine a detto
permesso lo straniero ha un mero interesse legittimo, rispetto al quale l’atto
del Questore di concessione, diniego, annullamento o revoca resta discrezionale,
con la conseguenza che il giudizio amministrativo non fa stato in altri
processi, potendo l’interesse dello straniero essere sacrificato ancora in
rapporto a esigenze da tenere presenti al momento dell’emissione del
provvedimento amministrativo, di tipo nuovo rispetto a quelle valutate dal
giudice amministrativo.
Deve quindi negarsi che il permesso di soggiorno sia elemento costitutivo del
diritto dello straniero a non essere allontanato dall’Italia e alla libertà di
rientrarvi, di cui è mero presupposto e, pertanto, pure per tale profilo, non
v’è pregiudizialità e necessità di sospensione (Cassazione 2738/2003).

Non essendovi i presupposti
della sospensione necessaria ambedue i motivi di ricorso devono rigettarsi, per
non essersi violato l’art. 295 c.p.c. e non potersi ritenere decisiva per la
motivazione l’eventuale pronuncia sulla sospensiva anche positiva del TAR.
In conclusione il ricorso, inammissibile nei confronti del ministro
dell’Interno, deve rigettarsi rispetto al Prefetto di Pesaro-Urbino e, per l’inammissibilità
del controricorso del ministro, le spese del presente giudizio tra questo e il
ricorrente devono compensarsi, mentre nulla deve disporsi per le spese nei
confronti del Prefetto che non si è difeso.


P.Q.M
.

La Corte rigetta il ricorso nei
confronti del Prefetto di Pesaro – Urbino; compensa le spese tra il ricorrente e
il ministro dell’Interno.

 

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *