Norme & Prassi

Senato della Repubblica «Disposizioni in materia di prescrizione del reato alla luce del principio di “ragionevole durata” del processo» (Ddl 2699/S, primo firmatario: sen. Elvio Fassone, Ds. Articolato e relazione)

Articolo 1


1. L’articolo 157 del codice penale è sostituito
dal seguente:
«Articolo 157. – (Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere). – La
prescrizione estingue il reato:
a) in venti anni se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la
pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni;
b) in quindici anni se si tratta di delitto per il quale la legge
stabilisce la pena della reclusione non inferiore a dieci anni;
c) in dieci anni se si tratta di delitto per il quale la legge stabilisce
la pena della reclusione non inferiore a cinque anni;
d) in cinque anni se si tratta di altri delitti o di contravvenzioni
punite con la pena dell’arresto, solo o congiunto a pena pecuniaria;
e) in tre anni se si tratta di contravvenzioni punite con la sola pena
pecuniaria.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo al massimo
della pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato. Non si tiene
conto delle circostanze aggravanti o attenuanti.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la
pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a
prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e
dall’ammenda si applicano i termini di cui alla lettera d) del primo
comma».

Articolo 2


1. L’articolo 159 del codice penale è sostituito
dal seguente:
«Articolo 159. – (Mancata attuazione della prescrizione). – La
prescrizione del reato non si verifica se, entro i termini di cui all’articolo
157, perviene all’autorità giudiziaria la notizia del reato».

Articolo 3


1. Nel Titolo III del libro V della Parte seconda
del codice di procedura penale, dopo l’articolo 346 sono inseriti i seguenti:
«Articolo 346bis. – (Prescrizione del procedimento). – 1. Il giudice
dichiara non doversi procedere per prescrizione del procedimento quando, fatto
salvo quanto previsto dall’articolo 346ter:
a) dal momento in cui è pervenuta all’autorità giudiziaria una notizia
di reato sono decorsi più di due anni senza che sia stato emesso il
provvedimento con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale;
b) dal provvedimento di cui alla lettera a) sono decorsi più di
due anni senza che sia stato dichiarato aperto il dibattimento;
c) dalla dichiarazione di cui alla lettera b) sono decorsi più di
due anni senza che sia stata emessa la sentenza che definisce il giudizio di
primo grado;
d) dalla sentenza di cui alla lettera c) sono decorsi più di due
anni senza che sia stata pronunciata la sentenza che definisce il giudizio di
appello;
e) dalla sentenza che definisce il giudizio di appello sono decorsi più
di due anni senza che sia stata pronunciata sentenza da parte della Corte di
cassazione;
f) dalla sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio
il provvedimento oggetto del ricorso sono decorsi più di due anni senza che sia
stata pronunciata nuova sentenza da parte della Corte di cassazione.
2. I termini di cui al comma 1 possono essere aumentati sino a sei mesi.
Tale ulteriore termine viene imputato a quello della fase precedente, ove non
sia stato completamente utilizzato, ovvero a quello della fase successiva, che
viene ridotto per la durata corrispondente.
3. Nel caso in cui sia necessaria una rogatoria internazionale, il
termine di fase è aumentato del tempo necessario al suo espletamento.
Articolo 346ter. – (Sospensione del corso della prescrizione del
procedimento) – 1.
Il corso dei termini indicati nell’articolo 346bis
è sospeso:
a) nei casi di autorizzazione a procedere o di questione deferita ad
altro giudice, e in ogni caso in cui la sospensione del procedimento penale è
imposta da una particolare disposizione di legge;
b) nell’udienza preliminare e nella fase del giudizio, durante il tempo
in cui l’udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati per impedimento
dell’imputato o del suo difensore, ovvero su richiesta dell’imputato o del suo
difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per
assoluta necessità di acquisizione della prova;
c) nell’udienza preliminare e nella fase del giudizio, durante il tempo
in cui l’udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati a causa della mancata
presentazione, dell’allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più
difensori, che rendano privi di assistenza uno o più imputati;
d) per il tempo necessario a conseguire la presenza dell’imputato
estradando.
2. Nei casi di autorizzazione a procedere, la sospensione di cui al comma
1 si verifica dal momento in cui il pubblico ministero effettua la relativa
richiesta.
3. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la
causa della sospensione. Nel caso di autorizzazione a procedere, il corso della
prescrizione riprende dal giorno in cui l’autorità giudiziaria riceve notizia
che l’autorità competente ha accolto la richiesta.
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano ai coimputati ai
quali i casi di sospensione non si riferiscono, se essi chiedono che nei loro
confronti si proceda separatamente e se il giudice dispone la separazione,
ritenendo che la stessa sia utile ai fini della speditezza del processo.
5. Quando si procede congiuntamente per più reati, la sospensione del
corso della prescrizione per taluno di essi opera anche nei confronti degli
altri.
Articolo 346quater – (Richiesta di prosecuzione). – 1. L’imputato puo’
richiedere che si proceda, nonostante siano maturati i presupposti per la
dichiarazione di prescrizione di cui all’articolo 346bis. La richiesta è
formulata personalmente in udienza, ovvero è presentata dall’interessato
personalmente, o a mezzo di procuratore speciale. In quest’ultimo caso la
sottoscrizione della richiesta deve essere autenticata nelle forme previste
dall’articolo 583, comma 3.
2. Qualora il giudice abbia già dichiarato di non dover procedere per
prescrizione del procedimento, e l’imputato non abbia avuto la possibilità di
presentare previamente la richiesta di cui al comma 1, la stessa puo’ essere
presentata entro dieci giorni dalla notifica del provvedimento. In tal caso il
giudice revoca la precedente declaratoria e dispone procedersi.
3. La richiesta non è revocabile e non puo’ essere formulata solamente
nei confronti di taluna delle imputazioni formulate. Se in una fase successiva
del procedimento maturano nuovamente i presupposti per la dichiarazione di
prescrizione, la richiesta deve essere rinnovata.
4. Ove si sia proceduto in seguito alla richiesta di cui al comma 1, la
causa di improcedibilità non puo’ più essere invocata nè applicata.
5. Qualora si proceda congiuntamente nei confronti di più imputati, la
richiesta di taluno non impedisce la declaratoria di improcedibilità nei
confronti degli altri».

 

Articolo 4



1. Nel comma 2 dell’articolo 345 del codice di procedura penale le parole: «La
stessa» sono sostituite dalle seguenti: «Al di fuori dei casi di cui
all’articolo 346bis, la stessa».

Articolo 5


1. Nei procedimenti in corso all’entrata in vigore
della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, se
più favorevoli all’imputato.

Articolo 6

1.
Gli articoli 160 e 161 del codice penale sono abrogati.

Articolo 7


1. Nell’articolo 3, comma 2, del regolamento di cui
al decreto del Ministro di grazia e giustizia 30 settembre 1989, n. 334, è
aggiunta la seguente lettera:
«dbis) una scheda, aggiornata dal cancelliere e controfirmata dal
magistrato che procede, indicante le date ed i fatti rilevanti ai fini della
prescrizione del procedimento, e la data secondo la quale è attualmente
prevedibile che debba maturare l’improcedibilità».

 

Relazione


Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge
si propone di sviluppare e modificare il precedente disegno n. 260, presentato
dagli stessi firmatari, a seguito delle osservazioni e delle riflessioni
scaturite in occasione della discussione del medesimo nella Commissione
giustizia del Senato. Di tale disegno, pertanto, riprende le premesse e
l’impianto, e ad esso intende apportare talune correzioni suggerite dal
dibattito.
1. Rimangono valide le considerazioni che indussero, e oggi ancor più inducono,
ad un intervento nella materia. Sempre maggiore è il numero dei processi che
vengono dichiarati estinti per prescrizione. Innumerevoli sono i processi nei
quali il contenzioso è privo di reale sostanza, e si sviluppa unicamente per
l’interesse dell’imputato a conseguire la causa estintiva. Si accentua la
disparità di condizioni tra gli imputati che possono permettersi una difesa
spregiudicata e costosa, alla fine «premiata» con la pronuncia del non doversi
procedere, e quelli che non possiedono le possibilità economiche e tecniche per
sfruttare sino in fondo le risorse che il processo offre per giungere a tale
esito. Pesante è la distorsione che patisce il lavoro giudiziario, ogni
magistrato essendo principalmente impegnato a fare si’ che la prescrizione non
si verifichi nel segmento processuale affidato alla sua responsabilità, e assai
meno attento ad una visuale complessiva del procedimento e ad un giudizio di
economia del proprio operato.
Alle ragioni ampiamente esposte nel disegno di legge 260, e qui riprodotte solo
in sintesi, si è aggiunta una notevole elaborazione ed una crescente
sensibilità al recente disposto del «novellato» articolo 111 della
Costituzione, il cui secondo comma stabilisce, come è noto, che «la legge
assicura la ragionevole durata del processo». Questa proposizione, a differenza
delle altre, non è concepita in termini di riconoscimento di diritti in capo
alla persona accusata (come invece si esprime l’articolo 6 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
ratificata ai sensi della legge 848/55, secondo la quale «toute personne a
droit que sa cause soit entendue … dans un dèlai raisonnable»)
, ma quale
prospettazione di un impegno e di un vincolo per il legislatore, che deve
costantemente bilanciare la struttura dei vari istituti con l’esigenza che essi
non costituiscano un appesantimento eccessivo del processo.
Secondo un’autorevole dottrina, il disposto costituzionale ha inciso
profondamente sulla dommatica delle garanzie nel processo, nel senso che la
ragionevole durata deve rappresentare un valore anch’esso di rango
costituzionale, e percio’ deve prudentemente bilanciarsi con l’altro valore
costituzionale rappresentato dal patrimonio essenziale delle garanzie che
presidiano il processo penale (imparzialità del giudice, contraddittorio,
diritto di difesa): non nel senso di giustificare il suo sacrificio perchè il
tempo speso per assicurare quel nucleo essenziale non puo’ mai dirsi
irragionevole, ma nel senso di legittimare un argine all’illimitata
moltiplicazione delle garanzie in cui esso puo’ astrattamente esprimersi. Per
cui, ognuna di tali garanzie va ponderata attentamente, per valutare se rientri
nel nucleo essenziale insopprimibile, ovvero se il surplus rispetto a
quel nucleo possa riverberarsi sui tempi processuali, cosi’ da renderli «non
ragionevoli».
A questa stregua, la prescrizione non puo’ dirsi ricompressa nel nucleo
essenziale delle garanzie, trattandosi di un istituto introdotto per finalità
di pace sociale e di certezza delle posizioni processuali. Per giunta, la
concreta disciplina vigente ha fatto si’ che essa non sia più un evento
ineliminabile ma raro, bensi’ un traguardo normalmente raggiungibile almeno per
i reati di media gravità. In conseguenza essa ha introdotto nel processo una
permanente e deliberata tensione verso la sua decelerazione, una corsa a
rovescio contro il tempo, non per concludere un certo percorso entro la misura
assegnata, ma per fare trascorrere la misura senza che la conclusione si
realizzi. Essa è quindi uno dei principali ostacoli all’attuazione del precetto
sulla «ragionevole durata» del processo medesimo.
2. La necessità di un mutamento di prospettiva è resa più evidente dalla
debolezza delle ragioni usualmente esposte per giustificare l’istituto della
prescrizione. La più tradizionale risiede nella pretesa «indifferenza» della
collettività a reprimere fatti risalenti nel tempo: decorsa una certa misura
temporale, progressivamente maggiore quanto maggiore è la gravità del reato,
non vi sarebbe più un interesse a perseguire fatti che la memoria comune ha
già dimenticato. L’obiezione è agevole: questo disinteresse, per intanto, non
puo’ addursi se non dopo una quantità di tempo cosi’ apprezzabile da
giustificare l’oblio; e pertanto esso non è invocabile quando i tempi sono
quelli brevissimi previsti dai numeri 5 e 6 del primo comma dell’articolo 157
del Cp a proposito delle contravvenzioni (due o tre anni): ne è prova il
rilievo che molte di queste contravvenzioni sono espressamente eccettuate dai
vari provvedimenti di amnistia, come segno di un rilevante interesse alla loro
punizione. Ne consegue che è illogico prevedere per esse un termine di
prescrizione che è oggettivamente insufficiente per potersi parlare di oblio
collettivo, e processualmente insostenibile. Il preteso disinteresse della
collettività, poi, è smentito all’evidenza nelle numerose vicende giudiziarie
nelle quali si assiste ad un’autentica corsa contro la prescrizione, a sforzi e
strategie volte ad evitar

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