Attualità

Indagini difensive al restyling. A frenare sono i costi e la diffidenza dei togati


Sottostimate o troppo costose. Poco utilizzate e
viste con sospetto dai magistrati, ma spesso anche dagli stessi avvocati. Per le
indagini difensive, il nuovo strumento entrato in vigore nel gennaio del 2001,
sembra già giunto il momento di un accurato restyling. Un’ipotesi al vaglio
dello stesso ministero della giustizia, che starebbe valutando di rimettere mano
alla legge, a soli tre anni dalla sua entrata in vigore. Ma un’esigenza
avvertita anche da avvocati e magistrati, che anche se su diversi fronti
chiedono regole più chiare, ma anche più efficaci. La figura
dell’avvocato-detective che ha riempito le prime pagine dei giornali non abita
ancora, dunque, nei tribunali italiani. E il caso di Cogne con le prove della
difesa, rappresentata dall’avvocato Carlo Taormina, che stanno fornendo nuovi
importanti dettagli nell’individuazione dell’omicida del piccolo Samuele Lorenzi,
sembra ancora un miraggio lontano e soprattutto riservato a pochi. Si’, perchè
avvalersi di consulenti tecnici e di periti di parte fa lievitare alle stelle la
parcella legale. Quindi, a meno che non si sia poco abbienti e si possa
ricorrere al patrocinio a spese dello stato, i costi da affrontare sono
proibitivi un po’ per tutti.

Ma a frenare
l’utilizzo di questo strumento non è solo una questione economica, ma anche
culturale, come spiega Valerio Spigarelli, avvocato del foro di Roma e
segretario dell’Unione delle camere penali. ´L’entrata in vigore della legge è
stata salutata come una grande innovazione, ma poi, subito dopo, è stata
accompagnata da grande cautelà, spiega il legale. Le resistenze al cambiamento
non si sono fatte attendere da parte di tutte le parti in causa, ma soprattutto
da parte dei magistrati, dice Spigarelli. La sentenza del tribunale di Torino,
che ha portato alla qualificazione dell’avvocato come di un pubblico ufficiale,
con tutte le conseguenze penali che ne derivano, lo dimostra pienamente. ´Ma
qualcosa comincia a cambiarè, dice l’avvocato romano e per capirlo non è
necessario prendere a esempio grandi inchieste, ma ´quell’attività quotidiana
che ognuno di noi fa, senza grossi costi aggiuntivi, per andare alla ricerca di
prove utili a difendere il proprio assistito’.

Qualcosa da
fare per migliorare l’applicazione della legge c’è. ´Di ritocchi da fare ce ne
sarebbero eccomè, dice il presidente dell’Ucpi, Ettore Randazzo. Un esempio per
tutti. ´Se un avvocato ha bisogno di un documento da un’amministrazione pubblica
o da un privato e questi si rifiutano di darglielo, l’unica cosa che puo’ fare
è chiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria perchè disponga il
sequestro’, sottolinea il penalista siracusano, per il quale è chiaro che cosi’
facendo si puo’ incorrere in vari problemi. ´Innanzitutto i motivi che possono
spingere l’avvocato a visionare un atto non possono essere gli stessi che
portano ad autorizzare un sequestro, che ha conseguenze ben più rilevanti’.
Inoltre il ricorso all’autorità giudiziaria fa venir meno la segretezza
dell’indagine difensiva e quindi ne inficia l’utilità.

In attesa
dell’intervento del governo che proprio di recente ha disposto una nuova
commissione per la riforma del codice di procedura penale, sarebbe necessario,
pero’, ´riflettere tutti insieme su quali debbano essere le regole deontologiche
da seguirè, suggerisce Filippo Paone, segretario della sezione romana
dell’Associazione nazionale magistrati.

I penalisti,
intanto, stanno già pensando a un aggiornamento delle regole deontologiche, che
erano state rivisitate al momento dell’entrata in vigore della legge, ma che
necessitano di qualche ritocco. Per Emilio Nicola Buccio, penalista, già
presidente del Cnf e ora consigliere laico del Csm, il vero problema sono i
mezzi professionali ed economici. ´Un’indagine difensiva seria costa e richiede
una valida organizzazionè, spiega l’avvocato di Matera, secondo il quale finora
sono pochi gli studi legali ´in grado di dotarsi dei migliori collaboratori per
svolgere indagini a prova di giudizio’. Solo con un’altissima professionalità,
infatti, secondo Buccio, è possibile vincere la diffidenza della magistratura.

In ogni caso
per Mario Papa, presidente dell’Associazione nazionale giovani avvocati, lo
strumento va difeso e potenziato. ´Non tutti gli avvocati sono favorevoli a
questo strumento anche perchè, dopo la sentenza di Torino, si temono pesanti
ripercussioni’, spiega il penalista di Nola, secondo il quale è comunque
necessario vincere le remore e appropriarsi fino in fondo di un diritto
acquisito che va senz’altro rafforzato anche attraverso modifiche legislative.

´Bisogna
espropriare l’autorità giudiziaria del potere di supporto dell’autorità
difensivà, spiega Papa sulle stessa linea delle richieste avanzate da Randazzo.
Vedremo se il governo deciderà di farle proprie. (riproduzione riservata)


Ginevra
Sotirovic, Italia Oggi

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *