Attualità

Giustizia, scioperano le toghe contro il ministro Castelli e la sua riforma


Non sia approvata
una riforma dell’ordinamento giudiziario «sbagliata e incostituzionale»: è la
richiesta che rivolgono al ministro della Giustizia 4500 magistrati, nel giorno
dello sciopero che li vede, per la prima volta da 14 anni, incrociare le braccia
insieme con gli avvocati penalisti (che si asterranno dal lavoro anche domani).


«Artifici contabili contano poco. Cio’ che conta è la mancanza di penne,
carte,soldi per far funzionare gli uffici giudiziari. Questa è la realtà di
ogni giorno con cui dobbiamo fare i conti. Quanto al giudizio di
incostituzionalità sulla riforma è non solo nostro e dei magistrati, ma anche
dei costituzionalisti italiani. L’Associazione nazionale magistrati risponde
cosi’ al ministro della Giustizia che ha accusato il sindacato delle toghe di
aver scritto «patenti falsità» nella lettera aperta a lui diretta.


La replica è affidata al segretario Carlo Fucci, che rilancia la palla al
Guardasigilli: «sono in attesa di conoscere dal ministro della Giustizia o da un
suo delegato quale tra le norme del progetto di riforma, ammesso che ce ne sia
una, sia utile per migliorare l’efficienza del servizio giustizia. So che non
avro’ risposta risposta perchè non ce n’è neanche una».


Intanto, nel giorno dello sciopero l’Associazione nazionale magistrati di
Palermo ha diffuso un sondaggio choc: su un totale di 103 magistrati in servizio
nelle procure di Palermo, Termini Imerese, Trapani, Marsala, Agrigento e
Sciacca, l’81,1% sarebbe pronto a lasciare l’ufficio per passare alla
magistratura giudicante, qualora la riforma dell’ordinamento giudiziario venisse
approvata dal parlamento. Un vera e propria fuga di massa dalla trincea
siciliana.


Al sondaggio hanno risposto 85 pm, 18 dei quali sono componenti della Dda di
Palermo. In 69 hanno fatto sapere che andrebbero via dalla procura dopo il varo
della riforma che obbliga i sostituti, entro tre mesi dall’entrata in vigore
della legge, a scegliere se continuare a esercitare la funzione inquirente o
passare a quella giudicante. Quella percentuale poi decolla all’83,3% nel caso
dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia: in 15, infatti, si
preparerebbero a lasciare l’attuale incarico. La scelta è motivata da una
preoccupazione di fondo: «perdere l’autonomia».


Per Massimo Russo, presidente della giunta distrettuale dell’Anm, si tratta di
«un risultato sconsolante. Magistrati con esperienza che lavorano nel distretto
di Palermo, cambierebbero funzione perchè il nuovo modello voluto dalla
riforma, che vede il procuratore della Repubblica come una sorta di padre
padrone, non risponde ai loro ideali. Le risposte date dal sondaggio – aggiunge
– sono il sintomo di come questa magistratura non accetti la separazione delle
carriere».


Castelli ieri aveva risposto in maniera dura alla lettera inviatagli
dall’Associazione Nazionale Magistrati: «La lettera contiene, come al solito,
patenti falsità». «Trovo quantomeno curioso che diversi magistrati, che
dovrebbero tenere molto alla verità, – aveva concluso il ministro – abbiano
deciso di sottoscrivere a cuor leggero un documento che contiene affermazioni
assolutamente false, come quella secondo cui questo governo avrebbe tagliato i
fondi per la giustizia».

http://www.unita.it/

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