Attualità

Toghe ipercritiche: gravemente dannose le norme sul rito civile davanti alla Suprema corte

Secondo il documento
della sezione Anm del Palazzaccio, votato all’unanimità, le nuove disposizioni
creeranno una frattura tra funzione nomofilattica e funzione del giudice
dell’impugnazione

La sezione Anm della Cassazione lancia l’allarme "giudizio civile".
Sulla base del testo arrivato in Aula del decreto competitività, contenente
anche le modifiche sul rito civile introdotte dalla commissione Bilancio, la
giunta dell’Anm della sezione della Suprema corte, ha evidenziato alcune
innovazioni "negative" soprattutto per la parte riguardante la delega
al Governo per il rito in Cassazione. Nel documento approvato all’unanimità
venerdi’ scorso, 29 aprile  si parla di novità che "non appaiono idonee ad alleviare la crisi in cui oggi versa
la Cassazione civile"; anzi, alcune di queste sarebbero addirittura
"gravemente dannose e contrastanti con l’intento dichiarato di valorizzare
la funzione nomifilattica del Supremo collegio".
Stigmatizzando innanzitutto il metodo – inserire una delega al Governo per
riformare il giudizio civile in Cassazione in un decreto legge intitolato
"sviluppo del mercato interno e apertura dei mercati" – il sindacato
delle toghe pone soprattutto l’accento sul merito delle disposizioni.
Estendere, come chiede il testo, a tutti i ricorsi per Cassazione, il principio
del giusto processo, significa "richiedere il controllo della Corte sulla completezza
e la logicità della motivazione in ordine agli accertamenti di fatto",
con ulteriore aggravio di lavoro per la stessa Corte; norma, tra l’altro, che
"non avrebbe nulla a che fare con la valorizzazione della sua funzione
nomofilattica, nè con garanzia costituzionale del controllo della legalità".
Prevedere infatti "meccanismi idonei a garantire l’esercibilità della
funzione nomofilattica della Corte di cassazione, anche nei casi di non
ricorribilità del provvedimento ai sensi dell’articolo 111, settimo comma
della Costituzione", dice ancora il documento "implicherebbe una
frattura tra funzione nomofilattica e funzione di giudice dell’impugnazione,
tale da incidere sull’essere giudice della Cassazione", con la creazione
di un istituto estraneo alla Costituzione e a qualunque ordinamento processuale
e giudiziario.
Che senso ha, si chiedono ancora i rappresentanti del sindacato al palazzaccio,
prevedere che "il vizio di motivazione debba riguardare un fatto
controverso", dal momento che l’attuale articolo 360, n.5) Cpc chiede già
che il vizio di motivazione, per essere denunciabile in Cassazione deve
riguardare un punto decisivo della controversia. "Viene da chiedersi –
riporta il documento – quale sia lo scopo della riforma: si intende forse
stabilire che il controllo della motivazione puo’ essere chiesto con
riferimento a qualunque fatto controverso, anche se non decisivo?"
Ma "la più grave e dannosa di tutte le innovazioni ipotizzate – dice
ancora l’Anm – è l’estensione del sindacato diretto della Cassazione
sull’interpretazione e l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di
diritto comune, ampliando la previsione dell’articolo 3) dell’articolo 360
Cpc". Con questa modifica, infatti, aumenterà il carico di lavoro della
Corte, si moltiplicheranno i ricorsi e ci sarà un’alterazione incongrua e
impraticabile del giudizio di legittimità. Infine, devolvere alla Suprema
corte non solo le questioni di interpretazione, ma anche quelle riguardanti
l’applicazione dei contratti collettivi di diritto comune "prefigura il
giudizio di Cassazione come normale giudizio di merito".
In conclusione, quello che voleva essere, secondo i proponenti (vedi in
arretrati del 15 aprile 2005) un provvedimento volto a smaltire il carico di
lavoro del processo civile in Cassazione, non farebbe altro, concludono i
rappresentanti del sindacato, che aggravare tale problema. (p.a.)


Fonte:
www.dirittoegiustizia.it

 

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