Civile

La nozione di condominio è configurabile anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente – CASSAZIONE CIVILE Sezione II, Sentenza n. 8066 del 18/04/2005

In
considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni
dell’edificio elencate in via esemplificativa – se il contrario non risulta dal
titolo – dall’art. 1117 c.c. alle proprietà singole, delle quali le prime
rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la nozione di condominio in senso
proprio è configurabile non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in
senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (come
in particolare le cosiddette case a schiera), in quanto siano dotate delle
strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117
c.c.; peraltro, anche quando manchi un cosi’ stretto nesso strutturale,
materiale e funzionale, non puo’ essere esclusa la condominialità neppure per
un insieme di edifici indipendenti, giacchè, secondo quanto si desume dagli
artt. 61 e 62 disp.att.c.c. – che consentono lo scioglimento del condominio nel
caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le
caratteristiche di edifici autonomi – è possibile la costituzione "ab origine"
di un condominio fra fabbricati a sè stanti, aventi in comune solo alcuni
elementi, o locali, o servizi o impianti condominiali; dunque, per i complessi
immobiliari, che comprendono più edifici, seppure autonomi, è rimessa
all’autonomia privata la scelta se dare luogo alla formazione di un unico
condominio, oppure di distinti condomini per ogni fabbricato, cui si affianca in
tal caso la figura di elaborazione giurisprudenziale del "supercondominio, al
quale sono applicabili le norme relative al condominio in relazione alle parti
comuni, di cui all’art. 1117 c.c., come, ad esempio, le portinerie, le reti
viarie interne, gli impianti dei servizi idraulici o energetici dei complessi
residenziali, mentre restano soggette alla disciplina della comunione ordinaria
le altre eventuali strutture, che sono invece dotate di una propria autonomia,
come per esempio le attrezzature sportive, gli spazi d’intrattenimento, i locali
di centri commerciali inclusi nel comprensorio comune.


 

 

 

 


CASSAZIONE
CIVILE Sezione II, Sentenza n. 8066 del 18/04/2005


 

IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO

LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE
SECONDA CIVILE

Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORONA
Rafaele – Presidente

Dott.
MENSITIERI Alfredo – Consigliere

Dott.
SCHERILLO Giovanna – Consigliere

Dott.
BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere

Dott. MALPICA
Emilio – Consigliere

ha
pronunciato la seguente:

 


Svolgimento
del processo

 

Con atto
notificato il 31 maggio 1991 M. C., M. A. e M. G. P. citarono davanti al
Tribunale di Cagliari il condominio del complesso residenziale "M. N.", sito in
località (XX), esponendo che erano comparse lesioni nella muratura perimetrale
e nelle fondazioni di una loro unità immobiliare, facente parte di uno dei
blocchi di villette a schiera del comprensorio; chiesero che fosse dichiarata
invalida la deliberazione assembleare del 4 maggio 1991, con la quale era stata
negata ogni responsabilità del condominio convenuto, e che questo fosse
condannato all’esecuzione delle necessaria opere di riparazione, o in subordine
al pagamento del corrispondente importo, nonchè al risarcimento dei danni.

Il condominio
"M.N." si difese contestando che le strutture lesionate appartenessero, come
presupponevano dagli attori, a tutti i singoli proprietari delle unità
immobiliari del complesso.

All’esito
dell’istruzione della causa, consistita nell’espletamento di una consulenza
tecnica di ufficio, con sentenza del 24 gennaio 2000 il Tribunale dichiaro’
invalida la deliberazione assembleare in questione e condanno’ il convenuto
all’esecuzione di alcuni lavori provvisionali al rimborso della somma di lire
13.909.077 spesa dagli attori per l’eliminazione dei guasti, al risarcimento dei
danni nella misura di lire 7.112.568 al pagamento delle spese di giudizio.

Impugnata dal
condominio "M.N.", la decisione è stata riformata dalla Corte di appello di
Cagliari, che con sentenza del 30 luglio 2001 ha respinto tutte le domanda
proposte dagli attori e li ha condannati a rimborsare all’altra parte metà
delle spese dei due gradi di giudizio, compensandole per il residuo.

MC, M. A. e
M. G. P. hanno proposto ricorso per Cassazione, in base a tre motivi. Il
condominio "M.N." si è costituito con controricorso, formulando a sua volta due
motivi di impugnazione in via incidentale, dei quali il primo condizionato, che
sono stati contrastati dai ricorrenti principali con un proprio controricorso.
Il condominio "M.N." ha presentato una memoria.

 


Motivi della
decisione

 

In quanto
proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vanno riunite in un solo
processo, in applicazione dell’art. 335 cod. proc. civ. Con il primo e con il
secondo dei motivi addotti a sostengo del ricorso principale – tra loro
strettamente connessi e da prendere pertanto in esame contestualmente – vengono
denunciate "violazione degli artt. 61 e 62 d. a.c.c; violazione degli artt. 1362
e 1363 c.c.; vizio di omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione" e
"violazione dei canoni ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e 1363 c.c.;
insufficienza della motivazione", per avere la Corte di appello negato la
legittimazione passiva del condominio "M.N.", sulla scorta di una erronea e
ingiustificata interpretazione del suo regolamento.

La censura
deve essere accolta, per quanto di ragione.

Il giudice di
secondo grado ha innanzi tutto precisato che "il concetto giuridico di
condominio in senso proprio ha ad oggetto solo la comproprietà delle parti
comuni degli edifici indicate nell’articolo 1117 del Codice civile", sicchè "il
condominio esiste solamente negli edifici che si estendono in senso verticale,
generalmente in più piani, ove le parti comuni indicate dalla legge hanno per
loro stessa natura una funzionalità che trascende i limiti della proprietà
individuale", anche se "in tempi recenti, è invalso l’uso di qualificare come
condominio delle entità diverse dall’istituto tipico delineato dalla legge, le
quali sono pero’ in realtà delle semplici comunioni convenzionali, costituite
per la gestione di servizi comuni ad un certo numero di edifici…ciascuno dei
quali costituente un vero condominio autonomo"; ha poi osservato che "il
complesso residenziale denominato M.N. consta di un complesso di
edifici…distinti in vari blocchi" e "ciascun blocco, a sua volta, consta di
numerosi edifici", con la conseguenza che "si deve ritenere che, nel complesso
residenziale in esame, siano presenti una serie di figure soggettive ben
distinte per natura e funzione, cioè: – un super condominio costituito
convenzionalmente tra tutti i proprietari delle unità immobiliari, abitative e
non site sull’area nel suo complesso…; – tanti super condomini costituiti
convenzionalmente tra tutti i proprietari delle unità abitative site nei vari
blocchi…; – tanti condomini quanti sono gli edifici; risulta evidente come
solo questi siano dei condomini in senso proprio, costituiti per legge per la
gestione delle parti comuni dei singoli edifici, ai sensi del disposto dell’art.
1117 del Codice civile"; ha altresi’ ritenuto che "il regolamento, come appare
evidente dalla sua lettura, è un insieme indistinto di norme convenzionali che
disciplinano sia i rapporti all’interno del super condominio dell’intero
complesso immobiliare, sia quelli all’interno dei super condomini dei singoli
blocchi, sia quelli dei singoli condomini propriamente detti" e "si deve
giungere alla conclusione che la volontà dei sottoscrittori dell’atto coincida
perfettamente con la previsione normativa", in quanto tiene "ben distinte le
proprietà comuni solo ai proprietari dei singoli edifici dalle proprietà
comuni a tutti".

Nei termini
assoluti in cui è stata formulata, non è condivisibile la premessa da cui la
Corte di appello ha preso le mosse. La varietà delle tipologie costruttive è
tale, da non consentire di affermare aprioristicamente, come si fa nella
sentenza impugnata, la configurabilità come condominio in senso proprio
"solamente negli edifici che si estendono in senso verticale": anche corpi di
fabbrica adiacenti orizzontalmente (come in particolare proprio le case "a
schiera") possono ben essere dotati di strutture portanti e di impianti
essenziali comuni, come quelli che sono elencati nell’art. 1117 cod. civ.,
peraltro esemplificativamente e con la riserva "se il contrario non risulta dal
titolo". Ma anche in mancanza di un cosi’ stretto nesso strutturale, materiale e
funzionale, l’ipotesi della "condominialità" non puo’ essere senz’ altro
esclusa, neppure per un insieme di edifici "indipendenti". Lo si ricava, come
esattamente hanno osservato i ricorrenti principali, dagli art. 61 e 62 disp.
att. cod. civ., che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui
"un gruppo di edifici…si possa dividere in parti che abbiano le
caratteristiche di edifici autonomi", pur quando "restano in comune con gli
originare partecipanti alcune delle cose indicate dell’articolo 1117 del
codice": dal che si desume che è permessa la costituzione ab origine di un
condominio di fabbricati a sè stanti, aventi in comune Solo alcuni elementi, o
locali, o servizi, o impianti "condominiali" (cfr. Cass. 28 ottobre 1995 n.
11276).

Per i
complessi immobiliari che comprendono più edifici, anche se "autonomi", è
dunque rimesso all’autonomia privata se dare luogo alla formazione di un unico
condominio, oppure di distinti condomini per ogni edificio, cui si affianca in
tal caso un "supercondominio":

figura questa
di creazione giurisprudenziale, alla quale sono applicabili le norme relative al
condominio, appunto perchè si verte nella materia delle "parti comuni" indicate
dagli art. 1117 cod. civ. e 62 disp. att. cod. civ., caratterizzate dal rapporto
di accessorietà necessaria che le lega alle singole proprietà individuali,
delle quali rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, come per esempio le
portinerie, le reti viarie interne, gli impianti dei servizi idraulici o
energetici dei complessi residenziali, mentre restano soggette alla disciplina
della comunione ordinaria le altre eventuali strutture, che invece sono dotate
di una propria autonoma utilità, come per esempio le attrezzature sportive, gli
spazi di intrattenimento, i locali di centri commerciali inclusi nel
comprensorio (cfr. Cass. 3 ottobre 2003 n. 14791).


Impropriamente, pertanto, la Corte di appello ha orientato la propria
interpretazione del regolamento della "M.N.", avente natura contrattuale,
secondo l’indirizzo che ha reputato essere imposto dalla "natura inderogabile
delle norme giuridiche relative alla proprietà comune dei beni costituenti
oggetto dei condomini propriamente detti", i quali a suo avviso non sono
configurabili se non con riguardo a singole e unitarie costruzioni,
autonomamente munite, nell’ambito della loro proiezione verticale, di tutte le
necessarie "parti comuni".

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