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Pubblicità, gatti neri e… superstizione. L’Enpa L’Enpa ha chiesto il ritiro di uno spot

Il gatto nero non
porta ‘jellà, il gufo non è sinonimo di sventura, cosi’ come il pipistrello
non è il tanto temuto alias di Dracula il vampiro. Insomma, è giunta l’ora
del riscatto per alcune specie di animali che da secoli sono vittime di una
tradizione che li lega alle credenze popolari più strane. E’ una credenza
antichissima, diffusa fra le più diverse culture, che alcuni fra i volatili,
soprattutto quelli notturni, e ancor più quelli il cui verso è lugubre e
sinistro, annuncino sventure o addirittura attirino le disgrazie sul capo degli
sciagurati che lo ascoltano. Stesso discorso vale per i gatti neri.

Proprio in loro difesa arriva l’invito dell’Enpa, il più antico e importante
ente animalista italiano, per il ritiro di uno spot pubblicitario di un centro
di formazione italiano in cui due giovani studenti ragionano sul colore di un
gatto che ha appena attraversato la strada e ipotizzano, nel caso in cui fosse
nero, sventure e sfortune. L’Enpa ha chiesto il ritiro dello spot, anche perchè,
secondo la Protezione Animali, ”il filmato viola l’articolo 8 del Codice di
Autodisciplina pubblicitaria in cui si chiarisce che la pubblicità deve
evitare ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e,
salvo ragioni giustificate, della paurà’.

”Contesto – dice Marco Innocenti dell’Enpa – l’idea creativa che fa leva sulla
superstizione e sulla presunta propensione del gatto nero a portare sfortuna
agli umani. Non è un messaggio educativo. Anzi: lo spot rischia di rafforzare
nei giovani una credenza popolare che vede il gatto portatore di sventure e di
sfortunà’.

Un’immagine, quella del gatto nero ‘jettatorè, ”fortemente radicata – spiega
ancora il rappresentante dell’Enpa – in una fascia molto ampia della
popolazione italiana: i nostri volontari, in tutto il Paese, recuperano spesso
gatti neri abbandonati. Nel peggiore dei casi, recuperano sulle strade i corpi
di gatti neri volutamente investiti da automobilisti, convinti di allontanare
le sventure uccidendo i felini con il mantello nero”. Eppure il gatto nero è
considerato tale solo in Italia perchè, al contrario di quanto si pensi,
nell’Europa settentrionale questi gatti sono invece considerati portafortuna.

E le maldicenze non riguardano, purtroppo, solo i gatti neri. In Italia è ben
nota la frase: ”Non fare l’uccello del malaugurio”. Questa credenza è legata
soprattutto ai predatori notturni, la civetta e il gufo. Nell’antica Grecia la civetta era
considerata sacra a Minerva, dea della sapienza, e ancora Hegel,
nell’Ottocento, la considerava simbolo della filosofia.

Nell’immaginario popolare, pero’, alla civetta sono legati significati meno
elevati. Fare la civetta, detto di una ragazza, significa comportarsi in modo
frivolo, leggero, superficiale, sciocco. I prodotti-civetta, al supermercato,
sono quelli che attirano il cliente, allettato dal loro prezzo vantaggioso. Ma
la fama più sinistra della civetta è legata alla sua nomea di uccello
portasfortuna. Se di notte si sente il suo verso, tradizione vuole che la
sventura è dietro l’angolo.

Ma non è solo la civetta a essere indicata come ‘uccello del malaugurio’. Si
crede che il verso dell’avvoltoio
porti la morte e che se un corvo entri in casa, questa è destinata a svuotarsi.
Nella tradizione libanese, infine, l’animale portatore di sfortuna è il gufo. In una di queste
credenze si narra che se il gufo ripete il suo verso per tre volte di seguito è
segno inequivocabile di lutto.

Le tradizioni popolari e le leggende riguardano anche i pipistrelli. ”Si tratta di animali di
grande utilità – precisa Monica Cirinnà, delegata del Sindaco di Roma per i
diritti degli animali – e la loro presenza in città è sintomo di salute
ecologica dell’ambiente. Inoltre sono grandi predatori di insetti. Meglio
quindi sfatare le convinzioni popolari negative e le leggendè’. I pipistrelli
non aggrediscono l’uomo, non si attaccano ai capelli, nè tanto meno sono
animali di malaugurio. E un aiuto potrebbe arrivare dalla lontana Cina che con
la parola ‘fù indica sia il pipistrello che la felicità.

Dunque, se da una parte è necessario smitizzare queste credenze, dall’altra c’è
chi ritiene che l’arma più utile per sfatarle sia quella di rispondere con la
stessa ‘armà. E’ per questo che l’Enpa ha promosso una campagna con lo slogan:
”Fare del male agli animali porta jellà’

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