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Procura Milano: ”Senza un primo respiro il feto ‘non è natò”

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Milano, 3
apr. (Adnkronos) – Un feto che subito dopo il parto muore, senza fare un primo
respiro, deve essere considerato come ‘mai nato’. E’ questa la conclusione alla
quale è giunta una consulenza medico legale disposta dai magistrati milanesi,
nell’ambito di un procedimento, oggi archiviato, aperto nei confronti di una
donna affetta da obesità, che circa un anno fa partori’ nel bagno di casa sua
un bambino, all’ottavo mese di gravidanza, facendolo morire annegato nel water.

Gravidanza della quale peraltro, non si era mai accorta. Il bambino, ancora
attaccato al cordone ombelicale, annego’ nell’acqua del water. Ma prima di
finire in acqua ”il feto percorreva un brevissimo tratto -hanno scritto i
medici legali – del tutto insufficiente a consentire l’avvio di un’attività
respiratorià’. Per questo la donna è stata inizialmente accusata di omicidio
volontario, poi di omicidio colposo e oggi è stata prosciolta. A disporre
l’archiviazione del fascicolo che la riguarda è stato oggi il giudice Marco
Maria Alma, in assenza di colpa in capo all’indagata.

I fatti risalgono nel marzo del 2005 quando la donna, affetta da obesità (oltre
cento chili di peso per un’altezza che non supera il metro e cinquanta
centimetri) avverte dei dolori addominali lancinanti. In quel momento si trova
in casa e chiama il marito. Poi va in bagno dove, in uno stato di incapacità
momentanea di intendere e volere, partorisce. Ma nemmeno se ne accorge
probabilmente. Tempo un paio d’ore e arriva il marito che la trova ancora seduta
sul water, in stato di choc, in un ‘mare di sanguè.

Chiama l’ambulanza e solo quando arrivano i sanitari, e la donna viene visitata,
si scopre che ha avuto un bambino. Ormai morto. La donna inizialmente viene
accusata di omicidio volontario, poi omicidio colposo ma, alla fine, il suo caso
viene archiviato. I motivi sono diversi. La donna, che aveva delle disfunzioni
ormonali, non si era sottoposta nel periodo ‘interessantè ad accertamenti
ginecologici. Aveva fatto diverse analisi mediche ma i valori ‘alterati’ erano
stati ricondotti all’obesità. Nessuno, insomma, e non solo la donna, si era
accorto che era incinta. Nè tantomeno, stando alle ricostruzioni degli
inquirenti, la donna si è accorta che stava partorendo nel momento in cui, in
preda a dolori lancinanti, ha pensato ad una colica tremenda e niente di più.

La perizia eseguita sul bambino, inoltre, ha stabilito che il feto non era mai
nato perchè non ha emesso il primo respiro, anzi, non ha nemmeno potuto
respirare una prima volta vista la dinamica dei fatti. Il neonato, infatti, è
stato partorito in posizione cefalica e spinto fino in fondo alla tazza con
conseguente sommersione della testa nell’acqua.

La sua morte, se cosi’ puo’ essere definita per un feto che giuridicamente è
stato considerato ”mai nato”, è avvenuta quindi per asfissia, e non per
annegamento: l’autopsia infatti non ha rilevato acqua nei polmoni. Il pm e il
gup di Milano, tuttavia, hanno deciso per il proscioglimento della donna, quasi
esclusivamente per la mancanza della volontà di uccidere. Tecnicamente, mancava
quell’elemento soggettivo che avrebbe determinato un’incriminazione

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