Civile

La testimonianza “de relato” è una legittima fonte di prova per sciogliere il matrimonio – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sntenza n. 2815 del 08/02/2006

Sono
valide prove per lo scioglimento del matrimonio anche le testimonianze degli
amici. E’ quanto afferma la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione
decidendo il caso di una coppia di Sanremo che, durante la luna di miele in
Costa Azzurra, non avevano "consumato" il matrimonio; al ritorno dal viaggio il
marito aveva espresso il proprio disappunto per il rifiuto della moglie a due
amiche, chiedendo successivamente lo scioglimento del matrimonio civile, che era
stato pronunciato in primo grado dal Tribunale di Sanremo e poi confermato in
secondo grado dalla Corte di Appello di Genova.


Secondo gli “Ermellini”, considerate l’impossibilità di provare l’inconsumazione
e la difficoltà di reperire prove dirette in una vicenda incidente sulla sfera
intima delle persone, legittimamente possono essere valutate le testimonianze
"de relato, dal momento che destinatari elettivi della vita intima di coppia
sono proprio i parenti più prossimi o gli amici più stretti.

 


CASSAZIONE
CIVILE, Sezione I, Sntenza n. 2815 del 08/02/2006 (Presidente: M. G. Luccioli;
Relatore: S. Del Core)

SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO

C. D.A., con
ricorso 11 dic. 1998, domando’ al Tribunale di Sanremo di pronunciare lo
scioglimento del matrimonio civile contratto il precedente 24 ott. Con P. T., e
non consumato per il rifiuto della donna di avere rapporti sessuali.

La convenuta
T. nego’ i fatti posti a fondamento della domanda, della quale chiese il
rigetto.

L’adito
tribunale accolse la domanda e la relativa pronuncia, gravata dalla soccombente,
venne confermata dalla Cote di appello di Genova sul rilievo che gli elementi
presuntivi e testimoniali acquisiti al processo erano idonei e sufficienti a
ritenere fondata la pretesa azionata in giudizio.

Ricorre per
cassazione la T. in base a due motivi, resistiti dal D. A. con controricorso.

Entrambe le
parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA
DECISIONE

Deve, innanzi
tutto, essere disattesa la pregiudiziale eccezione di inammissibilità del
ricorso, sollevata dal controricorrente in relazione alla pretesa violazione
della orma procedimentali di cui all’art. 366, I comma, n. 3, c.p.c.

Per
soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti della causa,
prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, alla sopra
citata disposizione normativa, non è infatti necessaria una narrazione
analitica, particolareggiata ed estesa, come pretenderebbe il controricorrente,
addirittura all’elencazione dei capitoli delle prove offerte, essendo
sufficiente, e insieme indispensabile, che dal contenuto del ricorso, e
segnatamente dallo svolgimento dei motivi, escluso l’esame di ogni altro
documento, compresa la stessa sentenza impugnata, sia possibile desumere tutti
gli elementi affinchè il giudice di legittimità abbia la completa cognizione
dell’oggetto della controversia, delle vicende del processo e delle posizioni
ivi assunte dalle parti, cosi’ da cogliere il significato e la portata delle
critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (cfr., e plurimis, Cass. nn.
14728/2001, 16163/2001, 8154/2003, 1959/2004).

A tali
requisiti soddisfa ampiamente il ricorso, che riporta in maniera adeguata la
vicenda processuale, le reciproche posizioni elle parti, le difese prospettate
in giudizio e le ragioni della decisione.

Con il primo
motivo, la T. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2728
c.c., 113 e 116 c.p.c. nonchè vizi di motivazione, per aver la Corte di appello
ritenuto che la dimostrazione della mancata consumazione del matrimonio possa
essere fornita in base ad elementi presuntivi e/o a testimonianze de relato ex
parte actoris.

Con
ridondanti, e spesso non pertinenti, richiami a sentenze di giudici di merito,
la ricorrente ascrive, poi, alla Corte di appello di no aver sottoposto a
rigoroso vaglio le risultanze di quelle prove.

Con il
secondo motivo, si denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia.

Segue un
pedissequa riproduzione delle singole circostanze indiziarie valutate dalla
Corte di merito siccome idoneo a dimostrare la veridicità della versione dei
fatti resa dell’appellato.

A tali
circostanze vengono formulate osservazioni che, a avviso della ricorrente,
dovrebbero sminuirne la veridicità o la valenza indiziaria.

Si critica
poi il ragionamento della Corte teso a giustificare la presunta inconsumazione
con una crisi insorta tra i coniugi.

Oltre a
presentare profili di inammissibilità, li dove il ricorrente si limita a
ribadire le omologhe censure a suo tempo rivolte alla sentenza di primo grado
senza tener conto delle argomentazioni addotte dal giudice di appello nel
confutarle, il primo motivo è, soprattutto, infondato.

Costituisce
circostanza pacifica in causa che la T. e il D.A. avevano avuto rapporti
sessuali ante nuptias, di qui l’ovvia possibilità di provare la in consumazione
del matrimonio attraverso accertamenti tecnici.

Se a cio’ si
aggiunge l’altrettanto intuibile difficoltà di reperire prove dirette in una
vicenda incidente sulla sfera intima delle persone, il ricorso a indizi
costituiva nella specie quasi un percorso probatorio obbligato per il giudice al
fine di pervenire alla verità processuale.

E tra gli
indizi vanno sicuramente annoverate le testimonianze de relato ex parte actoris,
le quali, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, possono concorrere a
determinare il convincimento del giudice, quando siano valutate in relazione a
diverse altre circostanze obiettive e soggettive, nonchè ad altre risultanze
probatorie, che ne suffraghino il contenuto (vedi sentt. Nn. 325/1990,
1095/1990, 269/1996, 4618/1996, 9702/1996, 2325/1999, 4306/2001).

Cio’ è
naturale che si verifichi nelle ipotesi, come quella di specie, in cui la
testimonianza attenga a comportamenti intimi e riservati delle parti, in
suscettibile di percezione diretta dai testimoni.

In altre
parole, negare alla testimonianza de relato ex parte actoris ogni valore
probatorio non puo’ costituire altro che una impostazione di massima, da
riscontrare di volta in volta in relazione alle particolarità del caso
concreto.

Cosi’ è
naturale che tale tipo di testimonianza assurge a buon diritto a presunzione
allorquando, come nella fattispecie, va esclusa la conoscibilità diretta di
fatti quali quelli svoltisi nella vita intima della coppia, delle cui confidenze
sono destinatari elettivi i parenti più prossimi o gli amici più stretti.

Del resto,
per il principio della libera prova il giudice non puo’ esigere, ove non sia
imposto dalla legge, un mezzo di prova diverso da quello disponibile, salvo
valutarne il risultato, una volta esperito, secondo il proprio prudente
apprezzamento.

E la prova
per presunzioni è uno strumento normativamente concesso al giudice dagli artt.
2727 e 2729 c.c., che permette di arrivare alla conoscenza di un fatto per il
quale non sia possibile dare una diretta dimostrazione, attraverso un
procedimento logico discrezionale lasciato al giudice di merito, purchè questi
dia adeguato conto dell’iter argomentativo seguito.

Nessuna
violazione di legge, puo’, dunque, ascriversi alla Corte territoriale per aver
utilizzato le testimonianze e relato, certamente idonee a dimostrare la mancata
consumazione del matrimonio che, in ipotesi di comprovata non verginità della
donna prima delle nozze, difficilmente si presta a formare oggetto di prova
diretta, cioè direttamente percepibile dal giudice.

Nella parte
in cui denunzia difetti di motivazione il motivo in esame si intreccia con il
secondo.

Cosi’
ricucita, la complessa censura si rivela palesemente inammissibile laddove, per
il termine strumentale dell’art. 360 n. 5 c.p.c., si critica la decisione
impugnata per aver il giudice a quo attribuito agli elementi vagliati un valore
e un significato non conformi alle attese e alle deduzioni della parte.

In siffatto
modo di finisce per richiedere a questa Corte una nuova valutazione delle prove,
mentre il ricorso per cassazione è volto unicamente ad accertare se la
motivazione al riguardo adottata dal giudice di merito sia coerente
nell’esposizione delle ragioni e delle fonti di convincimento, si da rendere
possibile la verifica ed il riscontro del processo logico seguito.

Nel caso di
specie la Corte ligure, attraverso la istruttoria compiuta dal giudice di prime
cure, ha accertato che: la sera dello stesso giorno in cui fu celebrato il
matrimonio (indicato in motivazione nel 26 ottobre, per un evidente errore
materiale, leggendosi nella narrativa della sentenza la corretta data del 24
ottobre), i coniugi raggiunsero la Costa Azzurra; durante il soggiorno in
albergo, il D.A comunico’ per telefono a due amiche, una delle quali avvocato,
quanto occorsogli poco prima (avere la moglie rifiutato di avere rapporti
sessuali, considerandolo come un padre); trasferitisi in altro albergo, il D.A.
e la T. presero alloggio in camere separate; il successivo giorno i coniugi
interruppero bruscamente il viaggio di nozze, facendo ritorno alle rispettive
abitazioni; pur non avendo pressanti impellenze lavorative, il D.A. ando’ in
Lussemburgo e vi rimase sino al 4 novembre, non appena in Italia, diede mandato
al proprio legale di fiducia di comunicare alla moglie la propria intenzione di
ottenere il divorzio, stante il di lei rifiuto di consumare il matrimonio; alla
predetta richiesta, la T. replico’ soltanto di voler riprendere la convivenza; i
due non presero mai possesso dell’abitazione ove avevano progettato di
convivere, tanto che la T. torno’ a vivere presso la madre; la stessa T.
comunico’ al D.A. l’intenzione di interrompere la propria attività lavorativa e
di rimanere tuttavia in Italia, salvo a visitarlo di tanto in tanto in
Lussemburgo ove egli lavorava, chiedendogli nel contempo il versamento di alcune
centinaia di milioni; la T. aveva avuto due precedenti esperienze matrimoniali,
una delle quali, durata tre mesi, naufragata per lo stesso motivo.

Gli elementi
di fatto accertati, o in quanto pacifici o perchè riferiti da testi, alcuni de
relato ex parte actoris, costituiscono per la Corte ligure un quadro presuntivo
di indubbia valenza, non spiegandosi altrimenti un comportamento cosi’
evidentemente difforme da quello usuale per coppia di neo- coniugi.

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