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L’Irap non è in contrasto con la normativa comunitaria – Corte di giustizia delle Comunità europee, Grande Sezione, Sentenza del 03/10/2006


L’Irap non è incompatibile con l’Iva. La Corte di giustizia europea ha stabilito che l’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) si distingue dall’Iva in quanto non è proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti e non è strutturata in modo da essere posta a carico del consumatore finale nel modo tipico dell’Iva. L’Irap si distingue dall’Iva in modo tale da non poter essere considerata un’imposta sulla cifra d’affari ai sensi della sesta direttiva europea (quella sull’Iva). Insomma il prelievo fiscale ha caratteristiche che sono compatibili con il diritto comunitario.

Corte di giustizia delle Comunità europee, Grande Sezione, Sentenza del 03/10/2006
 
Sesta direttiva IVA ” Art. 33, n. 1 ” Divieto di riscuotere altre imposte interne che abbiano natura di imposte sulla cifra d’affari ” Nozione di “imposte sulla cifra d’affari” ” Imposta regionale italiana sulle attività produttive ”
Nel procedimento C?475/03,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Commissione tributaria provinciale di Cremona, con ordinanza 9 ottobre 2003, pervenuta in cancelleria il 17 novembre 2003, nel procedimento
Banca popolare di Cremona Soc. coop. a r.l.
contro
Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C. W. A. Timmermans, A. Rosas, K. Schiemann, J. Makarczyk, presidenti di Sezione, dalla sig.ra N. Colneric (relatore), dal sig. J. N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, P. K?ris, E. Juhà¡sz e G. Arestis, giudici,
avvocato generale: sig. F. G. Jacobs; successivamente sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore; successivamente sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 16 novembre 2004,
considerate le osservazioni presentate:
” per la Banca popolare di Cremona Soc. coop. a r.l., dall’avv. R. Tieghi,
” per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato,
” per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs, presentate all’udienza del 17 marzo 2005,
vista l’ordinanza di riapertura della trattazione orale 21 ottobre 2005 e in seguito alla trattazione orale del 14 dicembre 2005,
considerate le osservazioni presentate:
” per la Banca popolare di Cremona Soc. coop. a r.l., dagli avv.ti R. Tieghi e R. Esposito,
” per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato,
” per il governo belga, dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente,
” per il governo ceco, dal sig. T. Bo?ek, in qualità di agente,
” per il governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente,
” per il governo tedesco, dai sigg. R. Stotz e U. Forsthoff, in qualità di agenti,
” per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Dà­az Abad, in qualità di agente,
” per il governo francese, dal sig. G. de Bergues, in qualità di agente,
” per l’Irlanda, dal sig. J. O’Reilly, SC, e dal sig. P. McCann, BL,
” per il governo ungherese, dalle sigg.re A. Mà¼ller e R. Somssich, in qualità di agenti,
” per il governo dei Paesi Bassi, dal sig. M. de Grave, in qualità di agente,
” per il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente,
” per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandesz, A. Seià§a Neves e R. Lares, in qualità di agenti,
” per il governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente,
” per il governo svedese, dalla sig.ra K. Norman e dal sig. A. Kruse, in qualità di agenti,
” per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra E. O’Neill, in qualità di agente, assistita dal sig. D. Anderson, QC, e dal sig. T. Ward, barrister,
” per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl, presentate all’udienza del 14 marzo 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1) (in prosieguo: la “sesta direttiva”).
2 La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Banca popolare di Cremona Soc. coop. a r.l. (in prosieguo: la “Banca popolare”) e l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona relativamente alla riscossione di un’imposta regionale sulle attività produttive.
Contesto normativo
Diritto comunitario
3 L’art. 33, n. 1, della sesta direttiva cosi’ prevede:
“Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, semprechè tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera”.
4 Già la versione originaria della direttiva 77/388 conteneva un art. 33 sostanzialmente identico a quello citato.
Diritto nazionale
5 L’imposta regionale sulle attività produttive (in prosieguo: l'”IRAP”) è stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (supplemento ordinario alla GURI 23 dicembre 1997, n. 298; in prosieguo: il “decreto legislativo”).
6 Il testo degli artt. 1-4 di tale decreto è il seguente:
“Art. 1. Istituzione dell’imposta
1. E’ istituita l’imposta regionale sulle attività produttive esercitate nel territorio delle regioni.
2. L’imposta ha carattere reale e non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi.
Art. 2. Presupposto dell’imposta
1. Presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta.
Art. 3. Soggetti passivi
1. Soggetti passivi dell’imposta sono coloro che esercitano una o più delle attività di cui all’articolo 2. Pertanto sono soggetti all’imposta:
a) le società e gli enti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
b) le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate ( ) nonchè le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all’articolo 51 del medesimo testo unico;
c) le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate ( ) esercenti arti e professioni di cui all’articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico;
d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario ( )
( )
2. Non sono soggetti passivi dell’imposta:
a) i fondi comuni di investimento ( )
b) i fondi pensione ( )
c) i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) ( )
Art. 4. Base imponibile
1. L’imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione.
( )”.
7 Gli artt. 5-12 del decreto legislativo contengono i criteri per determinare il citato “valore della produzione netta”, i quali variano in base alle differenti attività economiche il cui esercizio costituisce il fatto generatore dell’IRAP.
8 L’art. 5 di tale decreto precisa che, per i soggetti di cui all’art. 3, primo comma, lett. a) e b) del decreto stesso non esercenti le attività delle banche, degli altri enti e società finanziari e delle imprese di assicurazione, la base imponibile è determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lett. A), dell’art. 2425 del codice civile e la somma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lett. B) del medesimo comma, ad esclusione di alcune di esse, fra le quali le spese per il personale dipendente.
9 L’art. 2425 del codice civile, rubricato “Contenuto del conto economico”, cosi’ prevede:
“Il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A – B).
( )”.
10 Ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo, “l’imposta è dovuta per periodi di imposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periodo di imposta è determinato secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi”.
11 Ai sensi dell’art. 16 del decreto legislativo, in linea generale “l’imposta è determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,25 per cento”. Tale aliquota è variabile secondo la regione in cui ha sede l’impresa.
Causa principale e questione pregiudiziale
12 La Banca popolare ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona con il quale quest’ultima le ha rifiutato il rimborso dell’IRAP versata negli anni 1998 e 1999.
13 A giudizio della ricorrente nella causa principale sussiste un contrasto fra il decreto legislativo e l’art. 33 della sesta direttiva.
14 Il giudice del rinvio osserva quanto segue:
” in primo luogo, l’IRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi poste in essere nell’esercizio in modo abituale di un’attività svolta a tale fine, vale a dire nell’esercizio di imprese o di arti e professioni;
” in secondo luogo l’IRAP, sebbene sia calcolata con un procedimento diverso da quello utilizzato per l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'”IVA”), colpisce il valore netto derivante dalle attività produttive, e più esattamente il valore netto “aggiunto” al prodotto dal produttore, cosicchè l’IRAP sarebbe un’IVA;
” in terzo luogo, l’IRAP è riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione;
” in quarto luogo, la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, è pari all’aliquota IRAP applicata al prezzo di vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo.
15 Tale giudice si domanda pero’ se le differenze esistenti tra l’IVA e l’IRAP riguardino le caratteristiche essenziali che determinano l’appartenenza o meno dell’una e dell’altra imposta alla medesima categoria di tributi.
16 Alla luce di quanto sopra, la Commissione tributaria provinciale di Cremona ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
“Se l’art. 33 della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che esso vieti di assoggettare ad IRAP il valore della produzione netta derivante dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.
Sulla questione pregiudiziale
17 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 33 della sesta direttiva osti al mantenimento di un prelievo fiscale avente caratteristiche analoghe a quelle dell’imposta di cui si discute nella causa principale.
18 Per interpretare l’art. 33 della sesta direttiva è necessario collocare tale disposizione nell’ambito del suo contesto normativo. A tal fine è utile, come già fatto nella sentenza 8 giugno 1999, cause riunite C?338/97, C?344/97 e C?390/97, Pelzl e a. (Racc. pag. I?3319, punti 13-20) ricordare innanzitutto gli obiettivi perseguiti con la creazione di un sistema comune dell’IVA.
19 Risulta dai ‘considerando’ della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la “prima direttiva”), che l’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari deve consentire la creazione di un mercato comune nel quale vi sia una concorrenza non alterata e che abbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze di oneri fiscali che possono alterare la concorrenza e ostacolare gli scambi.
20 L’istituzione di un sistema comune di IVA è stata realizzata con la seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la “seconda direttiva”) e con la sesta direttiva.
21 Il principio del sistema comune dell’IVA consiste, ai sensi dell’art. 2 della prima direttiva, nell’applicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto, un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.
22 Tuttavia, a ciascun passaggio, l’IVA si puo’ esigere solo previa detrazione dell’IVA che ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo; il sistema delle detrazioni è disciplinato dall’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, in modo che i soggetti passivi siano autorizzati a detrarre dall’IVA da essi dovuta gli importi di IVA che hanno già gravato sui beni o sui servizi a monte e che l’imposta colpisca ogni volta solo il valore aggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale.
23 Per conseguire lo scopo dell’uguaglianza impositiva della stessa operazione, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuata, il sistema comune dell’IVA doveva sostituire, secondo i ‘considerando’ della seconda direttiva, le imposte sulla cifra d’affari in vigore nei vari Stati membri.
24 In quest’ordine di idee, l’art. 33 della sesta direttiva consente il mantenimento o l’istituzione da parte di uno Stato membro di imposte, diritti e tasse gravanti sulle forniture di beni, sulle prestazioni di servizi o sulle importazioni solo se non hanno natura di imposte sulla cifra d’affari.
25 Per valutare se un’impo

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