Penale

Udienza preliminare e limiti della sentenza di non luogo a procedere – CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, Sentenza n. 30001 del 24/07/2007

A meno che ci
si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere
l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la
manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a
procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli
elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Come è stato affermato in
dottrina "sfuggono all’epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando
incertezze, la parziale consistenza del panorama d’accusa è suscettibile di
essere migliorata al dibattimento".

 


CASSAZIONE
PENALE, Sezione IV, Sentenza n. 30001 del 24/07/2007

1) Il Giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torre Annunziata, con
sentenza in data 26 settembre 2006, ha dichiarato non luogo a procedere nei
confronti di XX in ordine al delitto di omicidio colposo in danno di P. P.
deceduto in (OMISSIS) a seguito di un incidente stradale.

Il giudice di
merito ha ricostruito l’incidente pervenendo alla conclusione che l’imputato, un
cittadino albanese che si trovava alla guida di un autoarticolato, fosse esente
da responsabilità in merito al verificarsi dell’incidente. Secondo la sentenza
impugnata il veicolo condotto dall’imputato si era violentemente scontrato con
l’autovettura condotta da P. perchè questi, per cause non conosciute, aveva
perso il controllo del veicolo ed aveva invaso la corsia opposta percorsa da XX
provocando un urto dalle gravissime conseguenze.

Nella vicenda
si erano inserite poi iniziative "anomale" perchè XX – dopo avere inizialmente
riferito alla polizia giudiziaria che egli si trovava alla guida
dell’autoarticolato al momento dell’incidente e che ne aveva perso il controllo
a seguito dell’urto con un oggetto di grosse dimensioni finito contro il
parabrezza – aveva poi cambiato versione sostenendo che alla guida del veicolo
si trovava un suo connazionale (A.K.) che aveva confermato questa versione.

Il Giudice
non ha ritenuto credibile questa seconda versione e l’ha ricollegata alla
circostanza che mentre A. aveva all’epoca il permesso di soggiorno XX ne era
privo. E ha ritenuto che la ricostruzione dell’incidente fosse quella già in
precedenza sintetizzata perchè confermata dalla presenza di tracce di frenatura
dell’autoarticolato che si trovavano all’interno della corsia da questo mezzo
percorsa.

2) Contro
questa sentenza hanno proposto ricorso sia le parti civili (L.L., P.S., P.F.,
PA. F. e P.G.) che il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte
d’Appello di Napoli.

Le parti
civili, con il primo motivo di ricorso, denunziano la contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe
affermato in maniera apodittica che il violento urto era avvenuto nella corsia
percorsa dall’autocarro; le fotografie scattate dalla polizia stradale
dimostrerebbero invece che l’incidente si è verificato proprio secondo la
primitiva ricostruzione di XX perchè le tracce lasciate sull’asfalto provano
che il veicolo che le ha lasciate stava deviando verso sinistra e quindi verso
la corsia dell’opposto senso di marcia. Il giudice sarebbe dunque incorso in un
palese travisamento del fatto, vizio che i ricorrenti affermano essere
deducibile in sede di legittimità.

Parimenti
illogica e contraddittoria sarebbe l’affermazione del giudice di merito secondo
cui la presenza di entrambi veicoli – dopo che avevano assunto la posizione di
quiete – nella corsia percorsa dall’autovettura sarebbe giustificata da un
effetto di "trascinamento" perchè questa ricostruzione si pone in contrasto con
la totale assenza di segni di scarrocciamento o altro sul manto stradale. Quanto
alla velocità (non potuta accertare con precisione per la "sparizione" del
disco registratore) non poteva certamente essere moderata e rispettosa dei
limiti tenuto conto delle devastanti conseguenze dell’incidente.

Con il
secondo motivo di ricorso si deducono il vizio di motivazione e quello di
violazione di legge perchè il pubblico ministero – la cui richiesta di
archiviazione era stata respinta dal Gip – avrebbe omesso di compiere uno degli
atti che il giudice aveva indicato, il confronto tra XX e A., peraltro
inammissibilmente assistiti, nell’interrogatorio, dallo stesso difensore e senza
che il giudice dell’udienza preliminare ritenesse di ovviare a questa lacuna
istruttoria.

3) Il
Procuratore generale, con il ricorso da lui proposto, deduce anzitutto il vizio
di mancanza di motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe fondato la sua
ricostruzione sulla presenza dei solchi nella sede stradale senza spiegare le
ragioni idonee a confermare che questi solchi erano riconducibili al sinistro in
esame, quale ne fosse stata la causa e senza accertare il punto di impatto tra i
due veicoli.

Con il
secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione perchè la
sentenza impugnata avrebbe ritenuto per una parte attendibili le prime
dichiarazioni dell’imputato (sulla circostanza che egli si trovava alla guida)
per poi ritenere inattendibili le medesime sulle modalità dell’incidente.

Infine, con
il terzo motivo di ricorso, si deduce la mancata assunzione di una prova
decisiva (una "consulenza tecnica") che avrebbe consentito una ricostruzione
più attendibile dell’incidente e di accertare la riferibilità al medesimo
delle tracce sull’asfalto, il punto d’urto e la velocità dell’autoarticolato.

4) Prima di
affrontare le ragioni poste a fondamento delle impugnazione proposte è
necessario svolgere alcune considerazioni sulla natura e sull’inquadramento
sistematico della sentenza di non luogo a procedere pronunziata all’esito
dell’udienza preliminare.

E’ nota
l’evoluzione legislativa verificatasi su questo tema negli anni successivi
all’approvazione del nuovo codice di procedura penale.

L’udienza
preliminare nasce con funzione di filtro per evitare i dibattimenti inutili ma
le maglie di questo filtro erano talmente larghe che in realtà nella versione
originaria del codice – con la previsione che la sentenza di non luogo a
procedere doveva essere pronunziata "quando risulta evidente che il fatto non
sussiste o che l’imputato non lo ha commesso" ecc. – questa funzione non poteva
essere convenientemente svolta; con la singolare anomalia che la sentenza di
n.l.p. doveva ritenersi preclusa quando era invece ammessa l’archiviazione.
Insomma questa sentenza era consentita solo quando evidente era l’innocenza
dell’imputato.

La situazione
cambia con l’approvazione della L. 8 aprile
1993, n. 105
il cui arXX 1 elimina l’aggettivo "evidente" con cio’
introducendo una diversa regola di giudizio che rende maggiormente efficace la
funzione di filtro che, dopo la modifica, non rimane ancorata a quel vincolo
cosi’ rigido consentendo la conclusione in questione dell’udienza preliminare
anche nel caso in cui non esista quell’evidenza dell’innocenza richiesta dalla
precedente normativa.

Pur in un
profondo mutamento della struttura e della disciplina dell’udienza preliminare
(soprattutto con l’ampliamento dei poteri istruttori del giudice: si veda in
particolare la modifica dell’arXX 422) la
L. 16 dicembre 1999, n. 479
, all’arXX 23 comma 1, che modifica
l’arXX 425 c.p.p.
, non muta
sostanzialmente la regola di giudizio finale dell’udienza preliminare; la
sentenza di non luogo a procedere deve essere pronunziata, in buona sostanza, in
presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l’entrata in vigore della
L. n. 105 del 1993
. 5) All’esito
di queste profonde modificazioni non puo’ peraltro ritenersi – pur essendo
mutata la regola di giudizio – che l’udienza preliminare abbia subito una
modifica della sua originaria natura che era e resta (prevalentemente) di natura
processuale e non di merito.

E’ vero che
le modifiche riassuntivamente riportate hanno conferito all’udienza preliminare
aspetti più significativi relativi al merito dell’azione penale – in
particolare per l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova (il
vecchio testo della rubrica dell’arXX 422
c.p.p.
parlava di sommarie informazioni; adesso di integrazione
probatoria) – ma è altrettanto vero che identico è rimasto lo scopo cui
l’udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non
accertare se l’imputato è colpevole o innocente.

Non è
ovviamente irrilevante se, all’udienza preliminare, emergono prove che, in
dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all’assoluzione dell’imputato
ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell’udienza preliminare,
pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non
superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e
possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti.

Insomma il
quadro probatorio e valutativo delineatosi all’udienza preliminare deve essere
ragionevolmente ritenuto immutabile: in questo senso va intesa la qualificazione
della sentenza di n.l.p. come sentenza di natura processuale.

Il giudice
dell’udienza preliminare dunque ha il potere di pronunziare la sentenza di non
luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale
pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato ma in tutti quei casi nei
quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece
pervenire ad una diversa soluzione.

Non contrasta
con questa ricostruzione il tenore del nuovo terzo comma
dell’arXX 425 c.p.p.
che prevede la
pronunzia della sentenza di n.l.p. "anche quando gli elementi acquisiti
risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere
l’accusa in giudizio". La norma – che riecheggia la regola di giudizio prevista
dall’arXX 530 c.p.p. – conferma
infatti quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l’innocenza ma
l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio. L’insufficienza e la
contraddittorietà degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da
non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma la
situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o
sviluppi nel giudizio.

Questo
giudizio prognostico vale sia per l’ipotesi dell’insufficienza che per quella
della contraddittorietà: queste caratteristiche legittimeranno la pronunzia
della sentenza di n.l.p. solo se appariranno non superabili nel giudizio.

In
conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente
insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio per l’esistenza di prove
positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di
colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando
l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili
in dibattimento. Come è stato affermato in dottrina "sfuggono all’epilogo
risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza
del panorama d’accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento".

Quello
indicato è del resto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che,
dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati (si vedano in questo
senso Cass., sez. 6^, 16 novembre 2001 n. 42275, Acampora, rv. 221303; 6 aprile
2000 n. 1662, Pacifico, rv.

220751) del
resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale (v. sentenza
15 marzo 1996 n. 71 che cosi’ si esprime su questo punto: "l’apprezzamento del
merito che il giudice è chiamato a compiere all’esito della udienza preliminare
non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di
colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di
delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla
successiva fase del dibattimento: la sentenza di non luogo a procedere, dunque,
era e resta, anche dopo le modifiche subite
dall’arXX 425 c.p.p.
, una sentenza
di tipo processuale, destinata null’altro che a paralizzare la domanda di
giudizio formulata dal pubblico ministero". 6) L’esame della sentenza

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