GiurisprudenzaPenale

La sospensione condizionale della pena prevale e non può concorre con l’indulto – Cassazione Penale, Sezioni Unite, Sentenza 36837/2010

Risolvendo un contrasto che si era venuto a creare tra le singole sezioni penali, Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che l‘indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo sul primo quest’ultimo beneficio.
Dopo aver ricostruito e rappresentato le diverse posizioni sia della giurisprudenza di legittimità, sia  della dottrina dominate, La Corte ha motivato il proprio convincimento sulla base delle argomentazioni che possono qui essere così sintetizzate:

 L’istituto della sospensione condizionale della pena ha finalità giuridico-sociali, mirando alla prevenzione della criminalità ed al ravvedimento del condannato, costituendo la disposta (e revocabile) decisione di sospensione dell’esecuzione della pena strumento di pressione nei confronti del reo in vista di una sua non recidivanza e dell’adempimento di obblighi di particolare valore sociale, integrando la decisione (conseguente ad un giudizio prognostico di astensione dalla reiterazione dei reati) una misura quanto mai opportuna, tesa a tenere il condannato fuori dall’ambiente carcerario . Le indicate finalità sarebbero, con tutta evidenza, vanificate dalla simultanea applicazione dell’indulto, non potendosi più porre in siffatto caso alcuna questione di revocabilità della sospesa esecuzione della pena, oramai condonata, e così eliminandosi il carattere disincentivante della misura di cui all’art. 163 C.P. non più suscettibile di costituire una remora per il condannato.

Non sussiste, quindi, alcun interesse del condannato alla simultanea applicazione del beneficio indulgenziale dal momento che la pena irrogata, ed in relazione alla quale é stato applicato il beneficio di cui all’art. 163 C.P., é priva di esecutività.
Dalla mancata contestuale applicazione dell’indulto, inoltre, non deriva alcun danno per il condannato, atteso che costui, ove non risulti in prosieguo utilmente decorso “il periodo di prova” ex art. 163 C.P. (e non si verifichi, quindi, la definitiva estinzione del reato), può richiedere in qualsiasi momento l’applicazione del provvedimento indulgenziale con lo strumento dell’incidente di esecuzione ai sensi deIl’art. 672 C.P.P.

Una decisione al riguardo non é inibita al giudice dell’esecuzione, atteso che la pregressa mancata applicazione dell’indulto, essendo correlata ad una diversa situazione e non essendo stata determinata da alcuna valutazione di merito da parte del giudice della cognizione, non ha efficacia ostativa in sede esecutiva.

Dalla applicazione dell’indulto in contestualità con il beneficio della sospensione condizionale possono derivare inammissibili svantaggi per il condannato, in palese violazione del principio del favor rei al quale pure si sono richiamate alcune delle pronunzie che hanno privilegiato il diverso orientamento, atteso che, in caso di concorso o sopravvenienza di altri titoli esecutivi, il condannato non potrebbe, durante il decorso del periodo di prova ex art. 163 C.P., avvalersi in relazione ad essi, del beneficio indulgenziale, se non -eventualmente- per la parte residua, una volta detratta la quota di condono applicata alla pena sospesa e rispettati i limiti stabiliti nel provvedimento di clemenza.

Cassiodoro Vicinetti

Cassazione Penale, Sezioni Unite, Sentenza 36837 del 16/10/2010

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

– [OMISSIS] é stato tratto al giudizio del Tribunale di Mondovì per rispondere, in concorso con altro imputato, del reato di cui agli artt. 110 CP, 8 D.Lgs. n. 74/2000, per avere emesso nel corso dell’anno 2003, fatture per operazioni inesistenti.

Con sentenza del 23 gennaio 2009, depositata il 29 marzo 2009, il Tribunale di Mondovì ha ritenuto l’imputato responsabile del reato ascritto e lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione, applicando in suo favore sia il beneficio della sospensione condizionale della pena, sia quello dell’indulto.

Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino con atto del 4 agosto 2009, chiedendone l’annullamento parziale con applicazione del solo beneficio dell’indulto.

Nell’atto di impugnazione il ricorrente P.G. ha sottolineato:
– in primo luogo, che, nel caso in esame, il giudice non avrebbe potuto dare prevalenza alla causa estintiva del reato sulla causa estintiva della pena, in quanto la sospensione condizionale produce l’effetto della estinzione del reato non al momento in cui viene concessa, ma solo al compimento del termine (biennio o quinquennio) senza che siano intervenute cause di revoca;
– in secondo luogo, sempre a criterio del ricorrente, dovrebbe escludersi la possibilità di contestuale applicazione delle due cause estintive, risultando logicamente inconcepibile la sospensione condizionale di una pena dichiarata estinta.

Pertanto, non senza aver richiamato il contrasto al proposito emerso nella giurisprudenza di legittimità e pertanto auspicando l’intervento risolutore delle Sezioni Unite, il ricorrente P.G. ha concluso istando per l’annullamento della sentenza essendo a suo avviso applicabile il solo indulto ex legge n.241 del 2006 e dovendo affermarsi la impossibilità di concedere contestualmente la sospensione condizionale e l’indulto, essendo quest’ ultimo l’unica causa estintiva applicabile per la sua immediata efficacia.

2 – Con ordinanza emessa il 17 marzo 2010 (depositata il 16 aprile 2010) la Terza Sezione Penale della Corte ha ritenuto di rimettere al Primo Presidente la decisione di investire le Sezioni Unite della questione relativa alla configurabilità del concorso della sospensione condizionale della pena e dell’indulto, sulla quale si registrava da tempo un contrasto nella giurisprudenza. Al proposito, l’ordinanza di rimessione ha riferito:
– di un primo indirizzo, da ultimo ribadito nella sentenza n. 508/2009 della Sezione VI, alla stregua del quale la sospensione condizionale della pena non è incompatibile con l’applicazione dell’indulto, sia perché quest’ultimo estingue la pena fin dal momento della sua pronuncia mentre la prima produce i suoi effetti solo alla scadenza del termine di sospensione, sia perché le due cause estintive operano su piani distinti (la sospensione sul reato e l’indulto sulla pena);
– di un altro orientamento, di contro, espresso da ultimo dalla sentenza n. 41753/2009 della stessa Sezione VI, per il quale, in caso di concorso dei presupposti per l’applicazione tanto dell’indulto quanto della sospensione condizionale della pena, deve essere preferita l’applicazione di quest’ultima essendo essa in grado di determinare effetti più favorevoli all’imputato con l’estinzione del reato

MOTIVI DELLA DECISIONE

3 – Premesso che la questione sottoposta a queste Sezioni Unite in ragione del contrasto registrato tra i pronunziati delle Sezioni semplici è sintetizzabile nel quesito con il quale si chiede se possano contestualmente applicarsi una causa estintiva del reato, quale la sospensione condizionale della pena, e una causa estintiva della pena stessa, quale in particolare l’indulto, giova, preliminarmente, dare conto sinteticamente dei diversi orientamenti formatisi e delle interpretazioni rese sulla normativa di riferimento ed, in particolare, in ordine ai criteri contemplati dall’art. 183 C.P. in caso di concorso di cause estintive.

Un primo indirizzo afferma che, nel caso di concorso di una causa di estinzione del reato con una causa di estinzione della pena, prevale sempre la prima, anche se intervenuta successivamente, in forza del disposto dell’art. 183, secondo comma, C.P., con la conseguenza che la concessione della sospensione condizionale della pena esclude l’applicazione dell’indulto, in quanto, una volta realizzatesi le condizioni previste dalla legge, essa determina l’estinzione del reato (e non della sola pena), risultando quindi più favorevole al condannato e nessun pregiudizio, peraltro, potendo derivare dalla mancata applicazione del condono, in caso di revoca della sospensione condizionale, atteso che l’applicazione dell’indulto può in qualsiasi tempo essere richiesta in sede esecutiva.

Questo indirizzo, risalente a decisioni degli anni trenta (cfr. Cass. 22 ottobre 1932. XXXX e 14 giugno 1935, YYYY) e che fondava tale soluzione su di una esigenza di “armonia con il principio generale dell’art. 183 C.P. circa la prevalenza della causa estintiva del reato su quella che estingue la pena”, è stato seguito da numerose pronunzie, tra le quali si rammentano: Cass. Sez. 1, 14 novembre 2007 n. 45756, Della Corte, Rv. 238136 – Cass. Sez. VI, 19 febbraio 2008 n. 21454, Rv. 239882 – Cass. Sez. II, 10 giugno 2008 n. 25685, Rv. 240626 – Cass. Sez. V, 11 novembre 2008 n. 4939, Rv, 243155 – Cass. Sez. III. 11 febbraio 2009 n. 15232, R.V. 243390 – Cass. Sez. VI, 17 settembre 2009 n. 41753., RV.245013 (in tale ultima sentenza precisandosi che “l’indulto non può essere applicato ad una pena la cui esecuzione sia stata condizionalmente sospesa a norma dell’art. 1163 cod. pen.”).

Deve peraltro darsi conto anche di quell’indirizzo interpretativo (che, sostanzialmente, fa riferimento ad ipotesi di consentita eccezione nell’ambito dell’indirizzo di cui sopra), sotteso ad alcune pronunce di legittimità non recenti, per il quale l’indulto, integrando in alcune situazioni una causa estintiva più favorevole al reo, deve essere applicato a preferenza della sospensione condizionale le volte in cui quest’ultima sia sottoposta a condizioni particolari, come quella del pagamento di una provvisionale liquidata a favore della parte civile: al proposito si possono ricordare Cass. Sez. IV, 5 novembre 1968 n. 1755, Rv. 110054 e Cass. Sez. IV, 21 gennaio 1971 n. 146, Rv. 117249.

Un secondo indirizzo predica la contestuale applicazione della sospensione condizionale della pena per la pena principale e dell’indulto per le residue sanzioni, ravvisando la necessità – ma ciò anteriormente alla riforma introdotta dalla legge 7 febbraio 1990, n. 19, che ha esteso la sospensione condizionale alle pene accessorie – di poter conseguire, attraverso l’applicazione dell’indulto, un beneficio non consentito dalla suddetta causa estintiva del reato, come la cessazione dell’esecuzione di pene accessorie ovvero la eliminazione o riduzione della sospensione della patente di guida (qualificate, dì volta in volta, come pena accessoria o come sanzione amministrativa o come sanzione penale atipica).

A sostegno di tale indirizzo, che ha affermato la possibilità di applicare contestualrnente e con effetti integrativi la sospensione condizionale e l’indulto, si sono addotti argomenti quali:

1) il principio del favor rei, che impone di procedere all’applicazione dell’indulto quando ne derivano vantaggi non conseguibili attraverso la sospensione condizionale;

2) la non configurabilità del  concorso, in senso tecnico-temporale. tra una causa estintiva della pena, come il condono, che opera immediatamente, e la sospensione condizionale, che estingue, invece, il reato in futuro e solo eventualmente

3) l’idea che l’applicazione del condono non è incompatibile con la concessione della sospensione condizionale della pena, né sotto il profilo logico, né sotto quello giuridico, in quanto i due benefici operano in modi e tempi diversi; 4) l’assunto che l’operatività dell’indulto rispetto alla sanzione penale atipica della sospensione o revoca della patente di guida presuppone semplicemente la potenziale applicabilità del beneficio al reato ritenuto in sentenza e non la sua concreta applicazione alla pena principale (questa argomentazione, recepita dalle Sezioni Unite nella sentenza del 12 dicembre 1981, dep. 10 marzo 1982. n. 10. Sapori, si è accompagnata alla puntualizzazione che le diverse cause estintive si integrano a norma dell’art. 183, terzo e quarto comma, CP.).

Tra le sentenze meno remote inquadrabili nell’orientamento riferito, possono rammentarsi:
Cass. Sez. IV, 5 luglio 1982 n. 10940. Rv. 156166 – Cass. Sez. V. 29 settembre 1982 n. 11776, Rv. 156574 – Cass. Sez V, 12 novembre 1982 n. 1324, Rv, 157425 – Cass. Sez. IV, 21 dicembre 1982 n. 4318, Rv. 158946 – Cass. Sez. IV, 11 novembre 1983 n. 2665. Rv. 163296 – Cass. Sez. III. 16 gennaio 1984 n. 3920, Rv. 163982 – Cass. Sez. V, 1 febbraio 1984 n. 3298, Rv. 163632 – Cass. Sez. I, 30 aprile 1984 n. 10491, Rv. 166822- Cass. Se. III 18 aprile 1989 n. 7608, Rv, 181390.

Un terzo indirizzo predica la possibilità -in termini generali- di contestuale applicazione dell’indulto e della sospensione condizionate, soluzione all’inizio fondata sulla base dell’esigenza di assicurare l’applicazione dell’indulto quando da esso deriva un beneficio non consentito dalla sospensione condizionale e successivamente correlata all’assunto che la concessione della sospensione condizionale della pena non preclude l’applicazione dell’indulto in quanto non è ravvisabile tra i due istituti una incompatibilità logico-giuridica alla stregua dell’art. 183 C.P. in materia di concorso di cause estintive, operando i due benefici in tempi e con effetti diversi: l’indulto estingue la pena con efficacia immediata, mentre la sospensione condizionale estingue il reato, ma solo in futuro ed eventualmente, al compimento del termine stabilito, qualora il condannato adempia agli obblighi impostigli e non commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole.

Secondo questo indirizzo, in ossequio al principio del favor rei, i due benefici possono essere
applicati congiuntamente per assicurare al condannato l’estinzione delle pene, anche se allo spirare del termine stabilito dall’art. 163 C.P. non si dovessero verificare le condizioni per la estinzione del reato ex art, 167 C.P., ovvero si verificassero le condizioni previste dall’art 168 C.P. per la revoca della sospensione condizionale: ogni beneficio opera nel momento in cui interviene e la causa successiva fa cessare gli effetti della condanna non ancora estinti, in conseguenza della causa precedente

Di tale indirizzo (anch’esso risalente) si segnalano, tra le più recenti pronunzie: Cass. Sez. III, 21 settembre 2007 n. 38725., Rv. 237945 – Cass. Sez. VI, 26 maggio 2008 n. 38563, Rv, 241507- Cass. Sez. V, 5 giugno 2008 n. 36663, Rv. 241635 – Cass, Sez.VI, 15 ottobre 2008 n. 508., Rv. 242365 – Cass. Se. I, 27 maggio 2009 n. 24920, Rv. 243957 – Cass. Sez. VI, 19 giugno 2009 n. 38113, Rv. 245012 – Cass. Sez. III, 23 giugno 2009 n. 38082, Rv. 244625 – Cass., Sez. III, 29 aprile 2010 n. 22756, non massimata.

4 – Posizioni altrettanto differenziate ha, rispetto alla questione, assunto la dottrina, da una parte di essa sostenendosi la prevalenza della sospensione condiziona!e in quanto causa estintiva del reato e non della sola pena, da altra parte affermandosi la prevalenza dell’indulto laddove tale beneficio si dimostrasse concretamente più vantaggioso per l’imputato rispetto al beneficio della sospensione condizionale, da altra parte ancora ritenendosi compatibili e congiuntamente applicabili i due benefici in forza della prevista disciplina del concorso di cause estintive, ovvero sostenendosi parimenti la compatibilità dei due benefici ma sulla base della esclusione dell’applicabilità della disciplina del concorso di cause estintive.

5 – Premesso quanto sopra deve in primo luogo escludersi, ad avviso del Collegio così riconducendosi la questione nei suoi esatti termini, che in relazione alla problematica della congiunta applicazione dei due benefici in questione debba farsi richiamo al comma secondo dell’art, 183 C.P. atteso che -come esattamente rilevato da parte della dottrina e da buona parte delle pronunzie che hanno sostenuto la possibilità di una contestuale applicazione di tali benefici – mentre dalla decisa applicazione dell’indulto consegue immediatamente l’estinzione della pena, esso stesso integrando la causa estintiva, dalla statuizione che ai sensi dell’art. 163 C.P. dispone la sospensione condizionale della pena non consegue l’estinzione del reato, la quale, in quel momento, rimane evento futuro ed incerto che si realizzerà solo dopo il positivo trascorrere, nel rispetto delle condizioni di legge, del previsto termine (quinquennale o biennale); sicché viene a mancare quella situazione di “concorso attuale” fra cause estintive regolamentata dal citato comma stante la inattualità, appunto, della causa estintiva di cui all’art. 167 C.P.

Ma da tale pur esatta considerazione non discende la sostenuta cumulabilità di applicazione di entrambi i benefici in argomento.

Ed infatti, da un lato, va tenuto presente che con l’applicazione del beneficio contemplato dall’art. 163 C.P. prende le mosse un complesso iter generativo di diversi e non contestuali effetti, quello -immediato ed accessorio – della sospensione dell’esecuzione della pena (più esattamente: del differimento dell’inizio dell’esecuzione) e quello – principale, ma futuro ed eventuale – della estinzione del reato, effetti però tra loro strettamente collegati ed entrambi da subito contemplati, nonostante la loro diversa concreta operatività temporale, nel momento di applicazione del beneficio e dai quali tutti, quindi, non pare corretto prescindere.

E ciò pur quando si profili la possibilità applicativa di ulteriori benefici, aventi effetti estintivi concorrenti di ambito minore che verrebbero ad intersecare quel complesso iter procedimentale, ormai in atto, di cui si é detto: con la statuizione di sospensione condizionale della pena si realizza infatti una fattispecie a formazione progressiva, da subito riferibile a quel reato ed a quella pena, solo risultando rinviata dalla legge ad un momento successivo la effettiva operatività della causa estintiva;

dall’altro lato – e soprattutto – va sottolineato come il condono sia applicabile solo ed esclusivamente in relazione a pene suscettibili di esecuzione, tant’é che esso viene a ripartirsi su tutte le pene cumulate (cfr. art. 174, secondo comma, C.P.) dopo che dal cumulo siano siate escluse le pene già eseguite, quelle estinte e quelle non eseguibili per qualsiasi causa (cfr. Cass. sez. I, 8 ottobre 2008 n. 39331., RV 241151; Cass. Sez. V. 10 dicembre 1975 n. 816, Rv. 132372);
sicché appare inconciliabile con siffatto principio una applicazione dell’indulto in contestualità con una decisione di sospensione della pena ex art. 163 C.P., ossia in relazione ad una pena non suscettibile in quel momento di esecuzione e, quindi, in una situazione nella quale viene ad essere impedita l’operatività del beneficio indulgenziale, il quale non é -in concreto- in grado di agire sotto alcun profilo.

6 – A siffatte ragioni di esclusione della cumulabilità, che traggono fondamento nella specifica funzionalità e nei meccanismo operativo dell’istituto di cui all’art. 163 C.P. nonché nei presupposti applicativi dell’indulto, vanno giustapposte considerazioni, non meno rilevanti che, da un canto, attestano la presenza di forti indicazioni ordinamentali e che, dall’altro canto, evidenziano l’assenza di analoghe contro-indicazioni; ed infatti, mentre la conclusione alla quale si é pervenuti é confortata anche da ragioni logico-sistematiche, la soluzione contraria porta a conseguenze incompatibili con gli obiettivi che si intendono realizzare con i benefici in questione.

In particolare ed in sintesi si rileva:

l’istituto della sospensione condizionale della pena ha finalità giuridico-sociali, esso mirando alla prevenzione della criminalità (cfr. a multis: Corte ost. sent. n. 434 del 1998) ed al ravvedimento del condannato, costituendo la disposta (e revocabile) decisione di sospensione dell’esecuzione della pena strumento di pressione nei confronti del reo in vista di una sua non recidivanza e dell’adempimento di obblighi di particolare valore sociale, integrando la decisione (conseguente ad un giudizio prognostico di astensione dalla reiterazione dei reati) una misura quanto mai opportuna, tesa a tenere il condannato fuori dall’ambiente carcerario;

che le indicate finalità sarebbero, con tutta evidenza, vanificate dalla simultanea applicazione dell’indulto, non potendosi più porre in siffatto caso alcuna questione di revocabilità della sospesa esecuzione della pena, oramai condonata, e così eliminandosi il carattere disincentivante della misura di cui all’art. 163 C.P. non più suscettibile di costituire una remora per il condannato; peraltro, non sussiste alcun interesse del condannato alla simultanea applicazione del beneficio indulgenziale dal momento che la pena irrogata, ed in relazione alla quale é stato applicato il beneficio di cui all’art. 163 C.P., é priva di esecutività;

che dalla mancata contestuale applicazione deIl’indulto, inoltre, non deriva alcun danno per il condannato, atteso che costui, ove non risulti in prosieguo utilmente decorso “il periodo di prova” ex art. 163 C.P. (e non si verifichi, quindi, la definitiva estinzione del reato), può richiedere in qualsiasi momento l’applicazione del provvedimento indulgenziale con lo strumento dell’incidente di esecuzione ai sensi deIl’art. 672 C.P.P.;

una decisione al riguardo non é inibita al giudice dell’esecuzione atteso che la pregressa mancata applicazione dell’indulto, essendo correlata ad una diversa situazione e non essendo stata determinata da alcuna valutazione di merito da parte del giudice della cognizione, non ha efficacia ostativa in sede esecutiva;

dalla applicazione dell’indulto in contestualità con il beneficio della sospensione condizionale possono derivare inammissibili svantaggi per il condannato, in palese violazione del principio del favor rei al quale pure si sono richiamate alcune delle pronunzie che hanno privilegiato il diverso orientamento, atteso che, in caso di concorso o sopravvenienza di altri titoli esecutivi, il condannato non potrebbe, durante il decorso del periodo di prova ex art. 163 C.P., avvalersi in relazione ad essi del beneficio indulgenziale, se non – eventualmente – per la parte residua, una volta detratta la quota di condono applicata alla pena sospesa e rispettati i limiti stabiliti nel provvedimento di clemenza.

7.- Alla stregua delle considerazioni sopra esposte deve dunque affermarsi il principio per il quale l‘indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo sul primo quest’ultimo beneficio.

8 – Nel caso di specie, peraltro, pur essendosi con la decisione impugnata provveduto all’applicazione contestuale del benefico della sospensione condizionale della pena e del provvedimento di clemenza n. 241/2006, devesi, atteso l’oggetto del ricorso quale più sopra precisato, rigettarsi l’impugnazione avanzata dal Procuratore Generale di Torino, non potendosi, per tutte le considerazioni svolte. privilegiare – così come richiesto dal ricorrente – l’applicazione dell’indulto in luogo del beneficio della sospensione condizionale della pena. Non deve provvedersi sulle spese trattandosi di ricorso proposto dalla Parte pubblica.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso,

 Depositata in Cancelleria il 15.10.2010

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *