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Ai fini della interruzione della prescrizione il riconoscimento di debito deve essere univoco e consapevole- Cassazione Civile, Sentenza 23822/2010

Il riconoscimento di debito, quale atto interruttivo della prescrizione, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto stesso, ma richiede altresì, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine essere la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la relativa dichiarazione possa avere finalità diverse o che il riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore.

È pur vero che, a norma dell’art. 2944 cod. civ., la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere; ma tale riconoscimento deve consistere in una ricognizione chiara e specifica del diritto altrui, che sia univoca ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso.

Nella proposizione, da parte del debitore, della eccezione di compensazione può ravvisarsi efficacia interruttiva della prescrizione, sotto il profilo della ricognizione di debito, solo in quanto la stessa sia effettuata con l’intenzione di riconoscere la sopravvivenza dell’obbligazione; mentre tale efficacia è da escludere nella proposizione della eccezione di compensazione totale, per quella parziale essa potrà conseguire tale effetto solo se, per le modalità e i termini con i quali è proposta, possa implicare la volontà di riconoscere la persistenza del debito

(Litis.it, 2 Dicembre 2010)

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Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza n. 23822 del 24/11/2010

Svolgimento del processo

Con decreto del 7.10.1999, n. 425/99, il Giudice unico del Tribunale di Udine ingiungeva all’Avv. [OMISSIS] di pagare alla [OMISSIS] s.p.a. l’importo di lire 14.648.240, oltre accessori.

Avverso tale decreto proponeva opposizione l’Avv. [OMISSIS] chiedendo che il provvedimento monitorio venisse revocato e svolgendo domanda riconvenzionale per la condanna della [OMISSIS] al pagamento di complessive lire 96.642.634, a titolo di compenso per numerose prestazioni professionali svolte a favore della stessa [OMISSIS].

Il Giudice di primo grado, con sentenza n. 485/2002, accertata l’intervenuta prescrizione del credito azionato, revocava il decreto e condannava la [OMISSIS] al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale sentenza proponeva appello la stessa [OMISSIS] lamentando che erroneamente il primo giudice aveva escluso l’interruzione della prescrizione ex art. 2944 c.c., a seguito di riconoscimento del credito da parte dello [OMISSIS].

Quest’ultimo si costituiva in giudizio e resisteva al gravame chiedendone il rigetto.

La Corte d’Appello di Trieste rigettava il proposto gravame e confermava la sentenza impugnata.

Secondo la Corte d’Appello è vero che l’Avv. [OMISSIS] ha ammesso di aver trattenuto le somme liquidate alla [OMISSIS] dal giudice dell’esecuzione nella procedura di espropriazione immobiliare, eseguita dallo stesso legale.
È anche vero però che il suddetto [OMISSIS] ha opposto in compensazione al credito della società un suo credito per prestazioni professionali di importo maggiore. Tale circostanza, secondo la Corte d’Appello, esclude l’intenzione di riconoscere come esistente l’obbligazione.

La medesima Corte condannava l’appellante a rifondere all’appellato le spese del grado.

Proponeva ricorso per cassazione la [OMISSIS] s.p.a. in liquidazione con un unico motivo.

Resisteva con controricorso [OMISSIS].

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso la [OMISSIS] denuncia «Ex art. 360 c.p.c. sub 3 e 5 per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2944, 2946, 1988 e 1246 e per omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia abbondantemente prospettato e trattato dalle parti».

Secondo parte ricorrente è documentalmente provato che lo [OMISSIS] ha riconosciuto ed ammesso l’esistenza, la sopravvivenza e l’attualità del suo debito: a) in sede di precisazione delle conclusioni del 20.9.1990; b) in comparsa conclusionale del 22.1.1992. La motivazione dell’impugnata sentenza è quindi, ad avviso della [OMISSIS], caratterizzata da insufficienze e contraddittorietà e risulta anzi dalla giurisprudenza che ai fini della interruzione della prescrizione, non è necessario un vero e proprio atto di riconoscimento di debito ex art. 1988 c.c., essendo sufficiente un comportamento volontario che, sebbene rivolto ad una finalità diversa, esprima anche implicitamente la consapevolezza del suo autore in ordine all’esistenza del diritto (Cass., 29.4.2003, n. 6651; Cass. 24.9.2004, n. 19253).

La tesi della [OMISSIS] è infondata e il citato indirizzo giurisprudenziale è superato da più recenti pronunce di questa Corte secondo le quali il riconoscimento di debito, quale atto interruttivo della prescrizione, non solo deve provenire da un soggetto che abbia poteri dispositivi del diritto stesso, ma richiede altresì, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo a tal fine essere la consapevolezza del riconoscimento desunta da una dichiarazione univoca, tale da escludere che la relativa dichiarazione possa avere finalità diverse o che il riconoscimento resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore (Cass., 11.5.2009, n. 10755; Cass., 30.3.2009, n. 7760; Cass., 4.6.2007, n. 12953).

Né fondata è la tesi dell’[OMISSIS] secondo la quale anche le numerose richieste di compensazione avanzate dallo [OMISSIS], indicano il riconoscimento, da parte di quest’ultimo, del suo debito nei confronti dell’[OMISSIS]

È pur vero infatti che secondo la giurisprudenza di questa Corte, a norma dell’art. 2944 cod. civ., la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere; ma tale riconoscimento deve consistere in una ricognizione chiara e specifica del diritto altrui, che sia univoca ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso (Cass., 30.3.2009, n. 7760; Cass., 4.6.2007, n. 12953; Cass., 22.9.2006, n. 20692).

Si è soprattutto precisato che nella proposizione, da parte del debitore, della eccezione di compensazione può ravvisarsi efficacia interruttiva della prescrizione, sotto il profilo della ricognizione di debito, solo in quanto la stessa sia effettuata con l’intenzione di riconoscere la sopravvivenza dell’obbligazione; mentre tale efficacia è da escludere nella proposizione della eccezione di compensazione totale, per quella parziale essa potrà conseguire tale effetto solo se, per le modalità e i termini con i quali è proposta, possa implicare la volontà di riconoscere la persistenza del debito (Cass., 24.5.1984, n. 3192; Cass., 5.3.1973, n. 603).

Va peraltro rilevato che l’indagine sul contenuto e sul significato delle suddette dichiarazioni, al fine di stabilire se importino ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c. rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è incensurabile in sede di legittimità se, come nella impugnata sentenza, è sorretta da idonea motivazione.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese poste a carico di parte ricorrente, da liquidarsi come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del processo di cassazione che si liquidano in complessivi euro 1.700,00 di cui euro 1.500,00 per onorario, oltre rincorso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Depositata in Cancelleria il 24 Novembre 2010

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