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L’amministratore privo di deleghe si salva dalla bancarotta fraudolenta – Cassazione Penale, Sentenza n. 41136/2010

Per la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta in capo all’amministratore privo di deleghe, tenuto conto delle modifiche intervenute nel diritto societario, appare necessario che questi abbia avuto la percezione del compimento di attività illecite nella amministrazione della società.
E’ necessario, pertanto, che venga dimostrato che l’amministratore non operativo abbia avuto percezione dei sintomi di illecito o che le attività incriminate fossero talmente anomale da non potere sfuggire.
Oltre a ciò è necessario che l’amministratore non operativo abbia avuto la concreta possibilità di intervenire per impedire l’evento dannoso
D’altra parte è noto che, se è vero che l’elemento psicologico per il delitto di bancarotta fraudolenta è il dolo generico, è pure vero che non si può prescindere dalla consapevolezza dell’imputato che si stanno compiendo sul patrimonio sociale attività idonee a cagionare danno ai creditori.

(Litis.it, 7 Dicembre 2010)

Cassazione Penale, Sezione Quinta, Sentenza n. 41136 del 22/11/2010

Svolgimento del processo

All’esito di una complessa indagine, caratterizzata da investigazioni della Guardia di Finanza, da una consulenza del Pubblico Ministero e poi dalla relazione del curatore fallimentare, concernente reati fallimentari relativi a due fallimenti di società collegate, la [OMISSIS] spa e [OMISSIS] spa, si procedeva per numerose ipotesi di reato – bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione, bancarotta per atti dolosi e per false comunicazioni sociali – contro diversi imputati, separatamente giudicati, e tra essi contro [OMISSIS], amministratore di diritto della [OMISSIS] spa, e [OMISSIS], sindaco e poi Presidente del Collegio sindacale di entrambe le società fallite.

Il Tribunale di Udine, all’esito del rito abbreviato, con sentenza emessa in data 28 maggio 2002, condannava il G. ed il [OMISSIS] alle pene ritenute di giustizia per i reati fallimentari concernenti il fallimento [OMISSIS] spa, mentre assolveva il [OMISSIS] – il [OMISSIS] non era imputato di tali fatti – da tutti i reati fallimentari relativi al fallimento della [OMISSIS] spa, essendo incerta la prova di una sua cooperazione alle irregolarità della predetta società.

La Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 29 aprile 2009, ridimensionava la vicenda assolvendo gli imputati dal reato di bancarotta per operazioni dolose e riqualificando la bancarotta per false comunicazioni sociali nella contravvenzione di cui all’art. 2621 c.c., dichiarata estinta per prescrizione, mentre confermava l’affermazione di responsabilità per le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione concernenti il fallimento [OMISSIS] spa e di cui ai capi di imputazione i) ed l) della rubrica.

Le pene inflitte in primo grado venivano congruamente ridotte, con i benefici di legge concessi ad entrambi gli imputati.

Proponeva ricorso per cassazione il solo [OMISSIS] che deduceva la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all’art. 40 c.p., comma 2, artt. 43 e 110 c.p., L. Fall., art. 216, e art. 2932 c.c., perchè erroneamente era stata ritenuta la responsabilità del ricorrente che non era titolare di alcuna delega operativa e non aveva compiuto alcun atto gestorio della società.

Mancava, secondo il ricorrente, sia la prova che il [OMISSIS] avesse avuto la percezione del compimento di attività illecite, sia la prova della concreta possibilità di impedire l’operazione dolosa.
A sostegno della sua tesi il ricorrente richiamava numerose pronunce di legittimità.

Il fallimento della [OMISSIS] spa è stato dichiarato il [OMISSIS] ed al processo in discussione si applicano i termini prescrizionali di cui all’art. 157 c.p., nel testo previgente alla modifica di cui alla L. n. 251 del 2005, essendo stata pronunciata la sentenza di primo grado il 28 maggio 2002.

Al [OMISSIS] sono state riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, cosicchè il termine prescrizionale è di quindici anni con la interruzione, che si è verificata nel caso di specie.
Cosicchè il termine prescrizionale sarebbe decorso il 24 febbraio 2009.
Senonchè sia in primo grado che in grado di appello si sono verificate delle sospensioni del termine prescrizionale, puntualmente indicate nella sentenza impugnata, che hanno comportato lo spostamento del predetto termine al 10 giugno 2010, secondo i calcoli effettuati dalla Corte di Appello.
Secondo i calcoli effettuati dall’Ufficio spoglio di questa Sezione il termine prescrizionale sarebbe, invece, decorso sin dal 6 marzo 2010.
Prescindendo da tale ultima difformità perchè non rilevante, è certo che allo stato attuale i reati contestati al [OMISSIS] sono estinti per intervenuta prescrizione.

I motivi di ricorso del [OMISSIS] non sono inammissibili perchè non possono dirsi manifestamente infondati, nè generici, come meglio si dirà.

Nel caso di specie non si ravvisano i presupposti per un proscioglimento nel merito del [OMISSIS] ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2, tenuto conto di quanto posto a suo carico dalle due sentenze di merito.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati contestati al [OMISSIS] estinti per intervenuta prescrizione.
Dal momento che in primo grado vi sono state statuizioni a favore della parte civile costituita curatela del fallimento [OMISSIS] spa, i motivi di ricorso debbono essere valutati ai sensi dell’art. 578 c.p.p..
I motivi agli effetti civili debbono essere accolti perchè effettivamente vi è un vuoto motivazionale che deve essere colmato.
Sembra, infatti, che il Gorgoni non fosse destinatario di deleghe precise e che fosse, quindi, un amministratore privo di deleghe.

Ebbene in siffatta situazione, tenuto conto delle modifiche intervenute nel diritto societario, appare necessario che l’amministratore privo di deleghe abbia avuto la percezione del compimento di attività illecite nella amministrazione della società.

E’ necessario, pertanto, che venga dimostrato che l’amministratore non operativo abbia avuto percezione dei sintomi di illecito o che le attività incriminate fossero talmente anomale da non potere sfuggire.
Oltre a ciò è necessario che l’amministratore non operativo abbia avuto la concreta possibilità di intervenire per impedire l’evento dannoso (vedi, tra le altre, Cass., Sez. 5a, 5 novembre 2008, n. 45513).

D’altra parte è noto che, se è vero che l’elemento psicologico per il delitto di bancarotta fraudolenta è il dolo generico, è pure vero che non si può prescindere dalla consapevolezza dell’imputato che si stanno compiendo sul patrimonio sociale attività idonee a cagionare danno ai creditori.

E’ necessario, pertanto, che si motivi anche in ordine a tale necessaria consapevolezza.

Ebbene la sentenza impugnata appare carente proprio sui punti segnalati, cosicchè, ravvisandosi un vizio della motivazione, la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti civili con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello (per la correttezza della soluzione procedurale adottata vedi Cass., Sez. 5a, 5 febbraio – 6 marzo 2007, n. 9399).

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati di cui ai capi i) ed l) estinti per intervenuta prescrizione;
Annulla, inoltre, la stessa sentenza agli effetti civili con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Depositata in Cancelleria il 22 Novembre 2010

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