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Utilizzo di Facebook come giusta causa di licenziamento. Tra provvedimenti del Garante Privacy e giudizio di merito – Avv. Samantha Mendicino

Risale a qualche anno fa il provvedimento del Garante della Privacy col quale veniva sancita l’illegittimità del monitoraggio costante e continuo effettuato dal datore di lavoro, mediante installazione di appositi software, degli accessi ad Internet da parte dei propri dipendenti. Il provvedimento all’epoca fece molto discutere e, per la dottrina più attenta, ciò non significa che sia vietata ogni forma di monitoraggio o di sorveglianza, ma che l’utilizzo di strumenti di controllo relativi all’uso illegittimo di internet da parte dei dipendenti deve essere rapportato alle finalità perseguite.

Di fatto, è recentissima la notizia fornita dal Sole24Ore che dà per certo l’aumento dei casi di licenziamento a causa dell’utilizzo, personale ed ingiustificato, di Facebook a cui, in virtù del rapporto di species a genus, viene applicata la normativa concernente l’utilizzo di internet sui luoghi di lavoro.

La motivazione di fondo risiede nel fatto che l’uso del famoso social network, così per come accadrebbe in caso di utilizzo di internet, per più ore al giorno (ed anche tutti i giorni) in totale assenza di una giustificazione lavorativa viene considerato dai nostri Giudici giusta causa di licenziamento. E ciò vale anche nel caso in cui il dipendente per collegarsi a facebook non utilizzi il computer di azienda ma, per come accade sempre più spesso, usi lo smartphone aziendale. Tanto dimostrerebbe la sentenza del Tribunale di Genova, risalente al 2005, la quale ha seccamente sancito il licenziamento di un dipendente per aver utilizzato, per fini personali ed in orario lavorativo, il collegamento a internet del cellulare aziendale.

Caso ancora più grave, realizzatosi ancor prima della sua mera ipotizzabilità, è rappresentato dal dipendente che a mezzo facebook diffami la propria azienda e/o il proprio direttore: in ipotesi di questo tipo si cade automaticamente nel settore penale che, a sua volta, non “annulla” le eventuali ulteriori conseguenze negative in campo di diritto del lavoro (applicazioni di sanzioni disciplinari) e/o di diritto civile (richiesta di risarcimento danni).

Una forma di azione preventiva utilizzata da parte di alcune aziende, pubbliche e private, per contrastare le negative conseguenze dell’illecito utilizzo di facebook pare essere quella di bloccarne l’accesso ai computer aziendali. Nei casi meno “invasivi”, il datore di lavoro si limita a comunicare ai propri dipendenti (e ad effettuare) l’espletamento di periodici controlli a campione sull’uso del computer in ufficio.

Plauto soleva ammonire “Aliquam reperitis rimam” (Trovate qualche fessura, escamotage) e pare averlo preso alla lettera un giovane studente di Yale, tale Bay Gross. È notizia di questa estate, difatti, che il ragazzo in parola abbia creato una applicazione che trasforma la pagina personale di facebook in un foglio di calcolo excel: idea quasi geniale che, grazie alla “maschera” di Excel, permette al soggetto di interrelazionarsi con gli altri amici collegati su FB in tempo reale, senza lasciare alcuna traccia pericolosa e confondendo chi, eventualmente, dovesse andare ad effettuare un controllo.
Ma non tutte le ciambelle riescono col buco: pare che l’applicazione non crei alcun problema col sistema operativo di Windows XP ma se malauguratamente in azienda venisse utilizzato un sistema operativo differente, cadrebbe o, quanto meno, risulterebbe di gran lunga ridotta la “copertura” di Excel. Come dire: fidarsi è bene ma non fidarsi…

Avv. Samantha Mendicino

Vedi anche: Diritto del Lavoro e Codice Privacy. Le linee guida del Garante per posta elettronica e internet

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