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Legittima la rettifica dell’ufficio senza ispezione del contribuente – Cassazione Civile Sentenza 16354/2012

rettificaLa sentenza di legittimità 26 settembre 2012, n. 16354, ha statuito che l’articolo 12 della legge n. 212 del 2000, prevede che le garanzie ivi previste si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali e che debbono essere giustificati da esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Pertanto, le suddette garanzie sono apprestate esclusivamente a favore del contribuente verificato (in loco) e non anche del terzo a carico del quale possano emergere dalla detta verifica dei dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento nei suoi confronti.

La sentenza della Corte di cassazione in commento si segnala in quanto ha affermato – pur rilevando l’inammissibilità del ricorso per cassazione – il principio della limitazione delle garanzie previste dall’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente in sede di accessi, ai soli contribuenti nei cui locali si sia verificato l’accesso e non anche nei confronti dei terzi che da tale attività istruttoria hanno avuto conseguenze fiscalmente rilevanti.
Infatti, i giudici di legittimità, innanzitutto, hanno evidenziato come nella specie non fosse stato chiarito se e quali prove poste a fondamento della pretesa tributaria nei confronti della società ricorrente sarebbero state acquisite presso i locali della diversa società oggetto dell’accesso da parte dei militari della Guardia di finanza nella veste di polizia giudiziaria, ai sensi dell’articolo 52 del Dpr n. 633 del 1972.

Il citato articolo 12, al primo comma, prevede che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo e, al secondo comma, che “Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche”.

Il legislatore del 2000 aveva presente, probabilmente, l’ipotesi più frequente della coincidenza tra luogo di svolgimento dell’attività commerciale e contribuente assoggettato a controllo al quale ultimo soltanto viene riconosciuto dal capoverso testé trascritto i diritti ivi indicati, privilegiando un profilo per così dire soggettivo, mentre la tutela per così dire oggettiva del luogo è dettata dal primo comma.
In estrema sintesi questa pare essere la giustificazione offerta dai giudici di legittimità nella sentenza in rassegna, facendo leva sulle specifiche disposizioni delle leggi tributarie (come quella, in ambito Iva, dettata dall’articolo 54, comma 3, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, e, per le imposte dirette, dall’articolo 37 del Dpr n. 600 del 1973) che espressamente ammettono la rettifica qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi a ispezioni eseguite nei confronti anche di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso. Da ciò l’effetto che dell’irrilevanza – per la decisione in nota – delle eventuali violazioni delle regole relative alla fase di accertamento perché eventuali irregolarità possono essere fatte valere solo da chi ha subito l’accesso, reputando – appunto – a esso applicabile la disciplina sul luogo di esame della documentazione (ufficio finanziario o lo studio del professionista, articolo 12, comma 3) e del diritto di far rilevare nel processo verbale di constatazione le proprie osservazioni e rilievi.

Una tale interpretazione dello Statuto si pone in coerenza con quell’orientamento giurisprudenziale di legittimità espresso in tema di dichiarazioni rilasciate da terzi, delle risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società e degli atti trasmessi dalla Guardia di finanza nella sua veste di polizia giudiziaria, come evidenziato nella sentenza della Cassazione – citata da questa in commento – 11 giugno 2009, n. 13486.
In tale pronuncia della Corte regolatrice del diritto, venne affermato la legittimità della prova della pretesa fiscale basata su un avviso di rettifica facente riferimento a un processo verbale di contestazione redatto dalla Guardia di finanza senza contraddittorio quando tale atto abbia fatto riferimento alla documentazione rinvenuta presso terzi conosciuta o conoscibile dal contribuente. In questa ipotesi venne ammessa la conoscenza della documentazione a seguito dell’allegazione all’avviso di accertamento di un prospetto riepilogativo redatto dai medesimi verbalizzati in quanto documentazione rinvenuta presso terzi e ritenuta conoscibile alla società ricorrente “in quanto disponibile presso il Comando degli organi accertatori e redattori del p.v.c. e dell’elenco riepilogativo della documentazione stessa, entrambi notificati alla parte unitamente all’avviso di rettifica”.
Non si riscontrano precedenti negli esatti termini.

a cura di “Giurisprudenza delle Imposte” edita da Assonime

Fonte: Nuovofiscooggi.it

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