CivileTributaria

Revoca del “bonus prima casa”, il fisco ha cinque anni di tempo – Cassazione 18391/2013

hqdefaultCon l’ordinanza n. 18391 del 31 luglio, la Corte di cassazione ha stabilito che il Fisco ha cinque anni di tempo e non tre, come avviene normalmente, per recuperare le maggiori imposte da un contribuente che ha illegittimamente usufruito delle agevolazioni sulla prima casa, quando gli è stata respinta la domanda di condono.

Il fatto
La vicenda riguarda un avviso di liquidazione con cui l’ufficio ha revocato le agevolazioni fiscali per l’acquisto della “prima casa”, rideterminando l’imposta di registro dovuta nella misura ordinaria, sull’acquisto di un alloggio abitativo nel quale l’interessata non aveva tempestivamente trasferito la propria residenza (diciotto mesi dall’acquisto), come previsto dalla nota II-bis) dall’articolo 1 della Tariffa annessa al Dpr 131/1986.

La Commissione tributaria provinciale annulla l’atto impositivo.
Sentenza confermata anche dalla Commissione tributaria regionale, la quale a tal fine ha ritenuto che:

  1. l’ufficio fosse decaduto dall’azione per avere notificato l’atto oltre il termine triennale previsto dall’articolo 76, comma 2, del Dpr 131/1986
  2. detto termine non sarebbe stato oggetto di proroga biennale per effetto dell’articolo 11 della legge n. 289/2002, come sostenuto invece dall’Amministrazione finanziaria, in quanto, secondo l’interpretazione fornita dal giudice del riesame, la norma richiamata avrebbe previsto la proroga del termine per le rettifiche e riliquidazioni solo per le ipotesi contemplate nel comma 1 (rideterminazione del valore dei beni a cui si commisura l’imposta) e non anche per l’ipotesi – oggetto del giudizio in corso – contemplata dal comma 1-bis (riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte).

Contro la sentenza d’appello, viene proposto ricorso in Cassazione, sotto il profilo della violazione di legge. Secondo l’ente impositore, la proroga biennale vale per entrambe le fattispecie contemplate dall’articolo 11 della legge n. 289/2002 (comma 1 e comma 1-bis).

Motivi della decisione
Premesso che nel caso di specie, alla data di notifica dell’atto impugnato, il termine triennale di decadenza, sospeso prima della sua scadenza dalla legge n. 289/2002 (in vigore dal 12 agosto 2003), non era ancora decorso, la Suprema corte accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, atteso che, in tema di perdita del beneficio fiscale concesso per la prima casa ai fini dell’imposta di registro, il termine per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta – dovuta a decorrere dal momento in cui è rimasto ineseguito il proposito di trasferire la propria residenza nel comune in cui è sito l’immobile – resta soggetto alla sospensione prevista dall’articolo 11, comma 1, della legge n. 289/2002 in materia di definizione agevolata degli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro ed è prorogato di due anni, ai sensi di detto articolo 11 (così Cassazione 279/2013, 9072/2012 e 15750/2010).

Ciò posto, la Suprema corte aggiunge che, conformemente a quanto sostenuto nei motivi di gravame, il comma 1-bis dall’articolo 11 della legge 289/2002, con la dizione “le violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite …”, esprime testualmente il concetto che le violazioni delle disposizioni agevolative (in specie, quelle sulla prima casa) sono del tutto assimilate alle violazioni relative all’enunciazione del valore degli immobili di cui al comma che precede (Cassazione 1643/2013).
Da ciò ne discende inequivocabilmente che la proroga biennale per la rettifica e liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, prevista dall’articolo 11, comma 1, della legge 289/2002, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche alle ipotesi di cui al comma 1-bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte, senza necessità di un esplicito richiamo normativo (Cassazione 4321/2009, 12069/2010 e 24575/2010).

D’altronde, nell’uno e nell’altro caso, l’ufficio è chiamato a valutare l’efficacia dell’istanza di definizione, cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto. E’ da escludere, perciò, che ipotesi assolutamente equivalenti abbiano trattamento diverso (Cassazione 12069/2010).

Ragioni, tutte, che consentono, nell’ipotesi in esame, di affermare definitivamente il principio che l’Amministrazione finanziaria ha cinque anni di tempo e non tre (ex articolo 76, comma 2, Dpr 131/1986), nei casi di revoca delle agevolazioni fiscali sulla prima casa per il condono respinto.

Salvatore Servidio, nuovofiscooggi.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *