Civile

La volontà sulle modalità e al luogo della propria sepoltura può essere espressa senza rigore di forma – CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n. 12143 del 23/05/2006

La volontà sulle modalità
e al luogo della sepoltura, puo’ essere espressa senza rigore di forma
attraverso il conferimento di un mandato ai prossimi congiunti.

 

La vicenda  –
Il tribunale di
Palermo,in accoglimento della domanda proposta dai sigg.X, fratelli della
defunta sig.Y,e in contumacia del coniuge di quest’ultima, dichiarava che la
defunta sig.ra Y aveva conferito mandato ai fratelli di essere tumulata nella
tomba di famiglia ed ordinava al coniuge della defunta di consegnare la salma
per effettuare la sepoltura.

Il coniuge della defunta proponeva appello
avverso la sentenza di primo grado, eccependo la nullità della notifica della
citazione e chiedendo la riforma della sentenza.

Si costituivano i fratelli della defunta
chiedendo il rigetto dell’Appello.

L’appello veniva rigettato e pertanto veniva
proposto ricorso per cassazione.

Con ordinanza n. 20960 del 2004 la Corte a
Sezioni Unite, su proposta del procuratore generale, presso la Corte di
Cassazione, ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso con il quale
il ricorrente aveva eccepito che la decisione impugnata era in contrasto con
l’ordinanza sindacale che aveva autorizzato il trasferimento della salma  nella
tomba del marito, trasferimento rientrante nella competenza esclusiva dell’autorità
amministrativa, secondo il parere del riorrente.

 

La questione
giuridica solelvata e la soluzione della Corte ”

Secondo il ricorrente,
l’esistenza del mandato post mortem doveva risultare da atto scritto e non
provato per testimoni. Il ricorrente sostiene altresi’ che non essendoci una
disposizione testamentaria, che palesasse la volontà della defunta, il luogo
della sepoltura doveva essere individuato tenendo presenti le richieste avanzate
dai congiunti più vicini, ossia bisognava dare prevalenza allo “ius coniugii”
rispetto “allo ius sanguinis”.

La Corte ritiene il motivo infondato in quanto
ogni individuo è libero di scegliere il luogo della propria sepoltura, in
aderenza alla normativa vigente che  include tra le disposizioni tesamentari
anche quelle di carattere non patrimoniale e pertanto, in mancanza di un
testamento, il volere del de cuius, puo’ essere espresso senza rigore di forme 
col conferimento di un mandato ai prossimi congiunti.

Secondo i supremi Giudici, l’impuganta
sentenza , ha ampiamente chiarito i motivi secondo i quali la sepoltura nella
tomba di famiglia fosse quello più rispondente alla volontà della defunta,
conclusione basata su una pluralità di elementi, non solo istruttori.

Peccato che la Cassazione non abbia potuto
pronunciarsi in merito alla pure dedotta prevalenza del “ius coniugii” sullo
“ius sangiunis”. Infatti la Corte ha rilevato come questa tesi sia stata
introdotta per la prima volta nel ricorso per cassazione e, quindi, non
esaminabile.

 

(Anna Sabia, © Litis.it, 16 Giugno 2006)

 


CASSAZIONE CIVILE, Sezione I, Sentenza n.
12143 del 23/05/2006
(M.G. Luccioli, Relatore G. Gilardi)

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con sentenza del 13 gennaio – 16 marzo 2000 il
Tribunale di Palermo, in accoglimento della domanda proposta da Salvatore,
Lorenzo e Domenico Giamporcaro, fratelli della defunta Maria Giamporcaro, e
nella contumacia di Giuseppe Fazzino, coniuge di quest’ultima, dichiarava che
la Giamporcaro aveva conferito mandato agli attori di essere sepolta nella tomba
destinata ad accogliere le spoglie della famiglia Giamporcaro ed ordinava a
Giuseppe Fazzino di consegnare, nel rispetto delle prescrizioni amministrative,
la salma della congiunta per consentirne j4„ tumulazione nella tomba loro
assegnata.

Avverso la decisione del Tribunale proponeva
appello il Fazzino eccependo la nullità del giudizio di primo grado per essere
nulla la notifica della citazione, e chiedendo l’integrale riforma della
sentenza impugnata.

Si costituivano i germani Giamporcaro
deducendo l’inammissibilità dell’appello per genericità dei moti-vi e
chiedendone comunque il rigetto.

Con sentenza del 28 giugno – 28
ottobre 2002 la Corte d’appello di Palermo rigettava l’impugnazione.

Contro la sentenza della Corte d’appello ha
proposto ricorso il Fazzino sulla base di tre motivi.

Salvatore, Domenico e Lorenzo Giamporcaro
hanno resistito notificando controri’corso.

Il Procuratore Generale presso la Corte di
cassazione ha chiesto che fosse dichiarata l’inammissibilità del primo motivo
di ricorso.

Con ordinanza n. 20960 del 2004 la Corte a
Sezioni Unite ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso con il
quale il Fazzino aveva dedotto che la decisione impugnata era in contrasto con
l’ordinanza sindacale che aveva autorizzato il trasferimento della salma di
Maria Giamporcaro nella tomba del marito, trasferimento rientrante a parere del
ricorrente nella competenza esclusiva dell’autorità amministrativa.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il secondo motivo di ricorso (il primo riguardando la questione di
giurisdizione, che è stata dichiarata inammissibile con ordinanza n. 20960/2004
delle Sezioni Unite di questa Corte) il ricorrente ha dedotto violazione
dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 1703 e
segg. c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.,in quanto la Corte d’appello
di Palermo, nel ritenere l’esistenza del mandato post mortem, avrebbe fatto
erronea applicazione delle risultanze processuali ed avrebbe trascurato di
considerare che un simile mandato non poteva essere provato per testimoni, ma
doveva risultare da atto scritto. In mancanza di una disposizione
testamentaria, che rendesse evidente la volontà della defunta, il luogo della
sepoltura avrebbe dovuto essere individuato tenendo presenti le richieste
avanzate dai congiunti, prescelti fra quelli a lei più strettamente legati da
vincoli, comparando – e dando prevalenza – allo "ius coniugii" rispetto allo "ius
sanguinis".

Il motivo è infondato. Ogni persona fisica
puo’ infatti scegliere liberamente circa le modalità ed il luogo della propria
sepoltura, la legge consentendo espressamente che tra le disposizioni
testamentarie rientrino anche quelle a carattere non patrimoniale (art. 587,
secondo comma c.c.). Quando manca la scheda testamentaria, tale volontà puo’
essere espressa senza che non risulta prospettata e discussa davanti al giudice
del merito.

rigore forma attraverso il conferimento di un
mandato ai prossimi congiunti. L’esistenza ed il contenuto di un simile
mandato costituisce questione di fatto; e nella specie la Corte d’appello, con
ampia motivazione che ha tenuto conto di una pluralità di elementi (e non
soltanto delle risultanze testimoniali), e che appare del tutto corretta sotto
il profilo delle norme di legge, ha chiarito le ragioni per le quali era da
ritenere da un lato che la de cujus avesse espresso il desiderio di non essere
tumulata post mortem nella cappella del marito, dall’altro lato che la
sepoltura nella tomba destinata ad accogliere le spoglie della famiglia
Giamporcaro fosse quella più rispondente alla volontà delle defunta. Tale
conclusione, investendo apprezzamenti di fatto riservati’ al giudice del
merito, si sottrare a sindacato in sede di legittimità; nè puo’ darsi alcun
rilievo all’argomento fondato sulla comparazione tra "ius coniugii" e "ius
sanguinis", trattandosi di una tesi del tutto nuova.

Col il terzo motivo il ricorrente ha dedotto
violazione degli artt. 90 e segg. c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c. in quanto le circostanze da cui era scaturita la controversia avrebbero
suggerito quanto meno una compensazione delle spese processuali. Il motivo è
infondato, dal momento che la Corte d’appello, condannando il Fazzino alle spese
del giudizio della soccombenza ex art.

si è limitata a fare applicazione della
regola 91 c.p.c. Sotto altro profilo, la decisione del giudice del merito di
compensare in tutto o in parte le spese di lite costituisce espressione di un
potere discrezionale ad esso conferito dalla legge, potere il cui esercizio è
incensurabile in sede di legittimità, a meno che la relativa decisione non sia
sorretta da ragioni palesemente illogiche, tali cioè da inficiare per la loro
inconsistenza lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa
sul punto. Nella specie, peraltro, la condanna alle spese è stata emessa a
favore della parte totalmente vincitrice e nei confronti della parte totalmente
soccombente. Consegue da quanto sopra che il ricorso deve

respinto, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, spese che si liquidano in
favore dei resistenti – tenuto conto della maggiorazione dovuta nel caso di
difensore che assista una pluralità di parti – nella misura complessiva di
euro 3.700,00 di cui euro 3.600,00 per onorario di avvocato, oltre alle spese
generali ed agli accessori di legge.

 

P.Q.M.

<p class="MsoNormal" style="margin-top:0cm;margin-right:2.85pt;margin-bottom:
0c

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *