Corte Costituzionale

Rito societario. La Consulta sconfessa la… ficta confessio – CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 340 del 12/10/2007

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E’
costituzionalmente illegittimo

l’art. 13, comma
2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti
in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonchè in
materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3
ottobre 2001, n. 366), nella parte in cui stabilisce: “in quest’ultimo caso i
fatti affermati dall’attore, anche quando il

convenuto
abbia tardivamente notificato la comparsa di costituzione, si intendono non
contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di
questa”.

La disposizione censurata detta una regola del
processo contumaciale in contrasto con la tradizione del diritto processuale
italiano, nel quale alla mancata o tardiva costituzione mai è stato attribuito
il valore di confessione implicita.

La legge di delegazione era finalizzata
all’emanazione di norme che, senza modifiche della competenza per territorio o
per materia, fossero dirette ad assicurare una più rapida ed efficace
definizione di procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione finanziaria nonchè in materia bancaria e creditizia mediante
“la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali”.  La
censurata disposizione è estranea alla riduzione dei termini processuali e non
conforme alla direttiva della concentrazione del procedimento. La considerazione
della “più rapida ed efficace definizione dei procedimenti”, indicata come
finalità della delega, costituisce un utile criterio d’interpretazione sia
della legge di delegazione, sia delle disposizioni delegate, ma non puo’
sostituirsi alla valutazione dei principi e criteri direttivi, cosi’ come
determinati dalla legge di delegazione. Tutto cio’ anche a voler trascurare il
rilievo secondo il quale non sempre l’introduzione della ficta confessio
contribuisce alla rapida ed efficace definizione dei procedimenti.

 


CORTE
COSTITUZIONALE, Sentenza n. 340 del 12/10/2007

(Presidente, Bile Franco; Relatore, Amirante Francesco)

 

nel giudizio di legittimità costituzionale
dell’art.

13, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio
2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione finanziaria, nonchè in materia bancaria e creditizia, in
attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), promosso dal
Tribunale di Catania, nel procedimento civile vertente tra C. M. ed altro e la
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., con ordinanza del 17 gennaio 2006
iscritta al n. 240 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2006.


    Visto
l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;


    udito
nella camera di consiglio del 6 giugno
2006 il Giudice relatore Francesco Amirante.

 


Ritenuto in fatto

    1.”” Nel corso di un giudizio civile
promosso da due soggetti privati contro un istituto di credito per la nullità
di un contratto di acquisto di titoli mobiliari e per il rimborso delle perdite
subite, il Tribunale di Catania ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e
76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13,
comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei
procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria,
nonchè in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della
legge 3 ottobre 2001, n. 366).

    Rileva il Tribunale che, a seguito della
notifica dell’atto di citazione avvenuta il 1° aprile 2005, la banca convenuta
ha notificato la propria comparsa di risposta il successivo 1° giugno 2005; in
data 16 giugno 2005 gli attori, eccependo la tardività della notifica della
comparsa, hanno notificato alla controparte l’istanza di fissazione di udienza,
chiedendo al Tribunale di considerare non contestati i fatti cosi’ come narrati
nell’atto di citazione.

    Cio’ premesso, il giudice a quo
osserva che la disposizione impugnata effettivamente ricollega alla contumacia
del convenuto (cui viene equiparata la tardiva costituzione) l’effetto di una
sorta di ficta confessio, dovendosi intendere come non contestati i fatti
affermati dall’attore, in tal modo innovando rispetto alla consolidata
giurisprudenza per cui la contumacia nel processo civile non puo’ assumere alcun
significato probatorio. Tale scelta legislativa, peraltro, appare in contrasto,
anzitutto, con l’art. 76 Cost., in quanto nell’art. 12, comma 2, lettera a),
della legge n. 366 del 2001 manca ogni riferimento al rito contumaciale.
Richiamando, in proposito, alcune sentenze di questa Corte sulla necessità che
la legge di delegazione venga interpretata tenendo presenti le finalità
ispiratrici della medesima, il Tribunale di Catania sottolinea che la riforma
del rito contumaciale operata dalla norma in esame non risponde, se non per
“mero accidente processuale”, alla finalità di riduzione dei termini
processuali, il che risulterebbe ancora più evidente in un processo con più
convenuti dei quali almeno uno si sia costituito tempestivamente. E, d’altra
parte, nessuna volontà di riforma dell’istituto della contumacia trapela dai
lavori parlamentari, poichè la relazione di accompagnamento al disegno di legge
delega per la riforma del diritto societario (presentato il 3 luglio 2001) non
contiene alcun riferimento alla materia in oggetto; al contrario, un preciso
richiamo alla contumacia è presente nel punto 23 del disegno di legge delega
per la complessiva riforma del processo civile approvato dal Consiglio dei
ministri in data 24 ottobre 2003.

    Ritiene quindi il giudice remittente, per le
ragioni indicate, che la norma in esame sia censurabile sotto il profilo
dell’eccesso di delega.

    Il meccanismo della ficta confessio
previsto dall’impugnato art. 13, comma 2, in caso di tardiva notifica della
comparsa di risposta appare al Tribunale di Catania, “in via subordinata”, in
contrasto anche con l’art. 3 Cost., in quanto contrario al canone della
ragionevolezza, poichè attribuisce all’attore un privilegio processuale non
riscontrabile in nessuno degli altri riti regolati dal nostro sistema
processuale; e tale disparità non potrebbe trovare giustificazione neppure
nella peculiarità delle controversie destinate ad essere trattate col
cosiddetto rito societario, poichè l’art. 70-ter delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura civile consente, nell’accordo delle parti,
che tale rito si applichi anche ai processi ordinari.

    In via “ulteriormente gradata”, infine, il
Tribunale di Catania ravvisa un contrasto tra la censurata disposizione e l’art.
24 Cost., in quanto la “secca previsione normativa della non contestabilità dei
fatti affermati dall’attore in caso di tardiva notificazione della comparsa di
risposta” costituirebbe una sanzione processuale sproporzionata del
comportamento del convenuto che, come nel caso di specie, ha notificato la
propria comparsa di risposta con un solo giorno di ritardo rispetto al termine
fissato per legge.

    Nel rito in esame, infatti, non è neppure
previsto l’obbligo (si veda l’art. 2, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 5
del 2003) che l’atto introduttivo contenga l’avvertimento al convenuto circa le
conseguenze negative che si possono produrre a suo carico in caso di contumacia
o tardiva costituzione. Cio’ comporta, secondo il Tribunale, una lesione del
diritto di difesa del convenuto.

    Quanto alla rilevanza, infine, il giudice
a quo
osserva che essa senza dubbio sussiste nel giudizio pendente, poichè
si deve stabilire se la tardiva notifica della comparsa di risposta determini o
meno gli effetti di non contestazione fissati dalla disposizione sottoposta a
scrutinio.

    2.” E’ intervenuto in giudizio il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione.

    Osserva l’Avvocatura dello Stato,
richiamando numerose pronunce di questa Corte in ordine alla censura di eccesso
di delega, che è da escludere la violazione dell’art. 76 della Costituzione.
Rientra, a suo dire, nella fisiologia della delega legislativa il fatto che la
legge si limiti a contenere i principi ed i criteri direttivi senza regolare
integralmente tutti gli aspetti della fattispecie, sussistendo nel Governo
delegato il potere di “riempimento” che la giurisprudenza costituzionale ha in
più occasioni riconosciuto. La delega, d’altronde, non puo’ eliminare ogni
margine di scelta nel momento della sua attuazione, anche perchè accade di
frequente che il legislatore delegante faccia espresso riferimento a concetti
come “clausole generali”, “ridefinizione”, “riordino” e “razionalizzazione”
(sentenza n. 125 del 2003), indicando in tal modo criteri generici ma tuttavia
sufficienti a delimitare il compito del legislatore delegato.

    La norma impugnata non puo’, alla luce di
siffatte considerazioni, essere considerata illegittima, perchè l’art. 12,
comma 2, della legge n. 366 del 2001 contiene criteri idonei e determinati: in
esso si fa riferimento all’esigenza di una più rapida definizione dei
procedimenti nelle materie ivi indicate, sicchè non puo’ lamentarsi una
violazione dell’art. 76 Cost.

    Sarebbe improprio, secondo l’Avvocatura
dello Stato, invocare l’art. 3 Cost. per paragonare il trattamento riservato al
contumace nel rito ordinario con quello regolato dalla disposizione in esame,
perchè la delega non ha vincolato il Governo a rispettare, in tutto e per
tutto, l’ideologia che animava il codice di procedura vigente; anzi, ai fini
della concentrazione del procedimento e della riduzione della sua durata
complessiva, era necessario creare un modello processuale più agile, tale da
liberare il giudice da una serie di impegni ripetitivi ed inutili; in vista di
quest’obiettivo, tra l’altro, si è ritenuto opportuno affidare la fase iniziale
del procedimento alla disponibilità delle parti, escludendo ogni intervento del
giudice.

    Sotto questo profilo, quindi, dovrebbe dirsi
che la scelta di regolare diversamente l’istituto della contumacia si sia
tradotta in un’attuazione piena della delega, contribuendo a determinare una
maggiore concentrazione del procedimento ed una conseguente riduzione dei suoi
tempi, anche in considerazione del fatto che il rito è destinato ad operare in
controversie “che, per loro natura, necessitano di soluzioni immediate e che, di
norma, non richiedono una complessa istruttoria”.

 


Considerato in
diritto

    1.”” Il Tribunale di Catania, in
composizione collegiale, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della
Costituzione, in via subordinata in riferimento all’art. 3 Cost. e, in via ancor
più gradata, in riferimento all’art. 24 Cost., questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003,
n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di
intermediazione finanziaria, nonchè in materia bancaria e creditizia, in
attuazione dell’articolo12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366).

    Il remittente riferisce che soggetti privati
hanno convenuto in giudizio un istituto bancario per sentir dichiarare la
nullit

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