Penale

L’uso non esclusivamente personale va valutato con riferimento anche alle altre circostanze dell’azione -; CASSAZIONE PENALE, Sezione VI, Sentenza n. 17899 del 05/05/2008

La Corte di Cassazione,
sezione sesta penale, con la sentenza n. 17899 del 2008  si è pronunciata in
tema di sostanze stupefacenti in virtù di ricorso presentato dal Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Nola con il quale denunciava, a seguito
del rigetto di richiesta di applicazione di misura cautelare da parte del
Tribunale nei confronti di Tizio ed in relazione alla detenzione di gr. 51 di
cocaina,  la violazione dell’art. 71 comma 1 bis (recte, 73 comma 1 bis) DPR, n.
309 del 1990. Secondo la Procura Generale la lettera della disposizione in
parola impone di ritenere che, una volta accertato che il quantitativo detenuto
supera i limiti massimi tabellari, la condotta di detenzione deve ritenersi
finalizzata ad un uso non esclusivamente personale e quindi penalmente
rilevante.

 

L’assunto dell’Ufficio
ricorrente, non è condiviso dalla Corte. A giudizio degli Ermellini, la
fattispecie incriminatrice indica, come parametri per valutare la destinazione
ad uso “non esclusivamente personale, “la quantità”,  ” le modalità di
presentazione” o “altre circostanze dell’azione”, parametri che a prima vista
potrebbero opinarsi reciprocamente autonomi, in modo tale che basterebbe che uno
solo di essi sia accertato perchè la condotta di detenzione sia penalmente
rilevante; ma non puo’ essere cosi’ in quanto l’oggetto dell’accertamento penale
resta esclusivamente quello di una detenzione destinata   “ad un uso non
esclusivamente personale”,  in  modo tale che anche in presenza di date “quantità”
o di “modalità di presentazione” tali da autorizzare l’ipotesi di una
destinazione ad un uso non esclusivamente personale, quest’ultima puo’ essere
smentita sulla base di “altre circostanze dell’azione” come ad esempio lo stato
di abituale  tossicodipendenza o l’ uso abituale di droghe.

 

Inoltre, la Corte
stabilisce che l’intento del legislatore, con la locuzione “in particolare”
utilizzata per indicare il parametro della “quantità”, è quello di imporre al
giudice un dovere di particolare attenzione, nel caso in cui le quantità
detenute siano normalmente  non confacenti a “un uso non esclusivamente
personale” sulla base di una valutazione basata su nozioni tossicologiche ed
empiriche di cui sono espressione le tabelle ministeriali. Nel caso di specie i
giudici hanno valutato vari elementi a favore della tesi difensiva dell’uso
personale, quale il livello reddituale dell’indagato e la circostanza che egli
fosse consumatore abituale di cocaina.

 


Cassazione Penale, Sezione
VI, Sentenza n. 17899 del 05/05/2008

Presidente De Roberto –
Relatore Conti


 Fatto

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, adito ex
art. 310 c.p.p., confermava l’ordinanza in data 16 febbraio 2007 del Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Nola con la quale era stata rigettata
la richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti di A. Tizio
in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, accertato in
Napoli il 14 febbraio 2007, in relazione alla detenzione di gr. 51 di cocaina.

2.
Rilevava il Tribunale che non erano riscontrabili sicuri indizi di una
detenzione finalizzata allo spaccio, posto che il presumibile reddito del Tizio
e la circostanza che egli era venuto a Napoli, a notevole distanza dal luogo di
residenza, rendevano attendibile la tesi sostenuta dall’indagato di un acquisto
di una scorta di cocaina destinata a esclusivo consumo personale.

Non poteva
condividersi la tesi interpretativa avanzata dall’Ufficio appellante con
riferimento al dettato dell’art. 73 comma 1-bis, lett. a), d.P.R.
309 del 1990, secondo cui, una volta accertato che il quantitativo detenuto
sia superiore a quello tabellare debba ritenersi la destinazione allo spaccio.

3.
Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nola, denunciando
la violazione dell’art. 71 comma 1-bis (recte, 73 comma 1-bis)
d.P.R., n. 309 del 1990, osservando che la lettera della disposizione impone
di ritenere che, una volta accertato che il quantitativo detenuto supera i
limiti massimi tabellari, la condotta di detenzione deve ritenersi finalizzata a
un uso non esclusivamente personale e quindi penalmente rilevante.

Diritto

1. Il ricorso appare infondato.
2. L’assunto dell’Ufficio ricorrente, secondo cui, una volta accertato
che il quantitativo detenuto supera i limiti massimi tabellari, la condotta di
detenzione deve ritenersi, sulla base di una presunzione assoluta stabilita dal
legislatore, finalizzata a un uso non esclusivamente personale e quindi
penalmente rilevante, non puo’ essere condivisa.
3. Stando all’art. 73 coma 1-bis, lett. a), d.P.R. n. 309
del 1990, inserito dall’art. 4-bis della legge 21 febbraio 2006, n. 49 in
sede di conversione del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, la detenzione di sostanze
stupefacenti costituisce reato se le sostanze detenute "appaiono destinate ad
un uso non esclusivamente personale"
.
La Corte ritiene che la previsione, rettamente intesa, non contenga elementi di
sostanziale novità rispetto alla disciplina previgente, che, in base al
combinato disposto degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990, sanzionava
penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non fosse finalizzata all’"uso
personale"
. Erano allora quindi punibili, al pari di ora, condotte di
detenzione di sostanze stupefacenti che non "appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale"
; fermo restando che allora (come ora) la
detenzione della parte destinata a uso personale non poteva (e non puo’) essere
assoggettata a sanzione penale.
Per il vero, la
fattispecie incriminatrice di cui si discute (comma 1-bis, lett. a),
indica ora dei parametri sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad uso
"non esclusivamente personale": e cioè, la "quantità", le "modalità
di presentazione"
o "altre circostanze dell’azione". Ma si tratta di
indici che già in passato venivano giudiziariamente impiegati per stabilire la
destinazione della sostanza detenuta, e quindi di meri criteri probatori idonei
a orientare la valutazione del giudice e, prima ancora, quella della polizia
giudiziaria e del pubblico ministero; dovendosi peraltro notare che l’ultimo di
essi, per la sua vaghezza, rende di per sè inane l’intento di rigida
tipizzazione formalizzato nella norma.

Potrebbe a prima
vista opinarsi che i tre parametri della "quantità" o delle "modalità
di presentazione"
o delle "altre circostanze dell’azione"
siano reciprocamente autonomi, sicchè basterebbe che uno solo di essi sia
accertato perchè la condotta di detenzione sia penalmente rilevante.

Ma non puo’ essere
in via di stretta logica cosi’ da intendersi, perchè l’oggetto
dell’accertamento penale (diversamente da quanto derivava dal combinato disposto
degli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990 precedentemente al referendum
popolare del 1993, allora ancorato al concetto di "dose media giornaliera")
resta esclusivamente quello di una detenzione destinata "ad un uso non
esclusivamente personale"
; sicchè, pur in presenza di date "quantità"
o di "modalità di presentazione", di per sè tali da autorizzare
l’ipotesi di una destinazione "ad un uso non esclusivamente personale",
tale ipotesi puo’ bene essere smentita sulla base di "altre
circostanze dell’azione"
(tra le quali, è bene precisare, non potrebbe non
essere compreso l’eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l’uso
abituale di droghe), considerate dalla norma paritariamente rispetto ai primi
due indici, non potendosi considerare ermeneuticamente significativo, come
invece vorrebbe l’Ufficio ricorrente, il fatto che i tre parametri siano
sintatticamente separati nella disposizione normativa dalla disgiuntiva
"ovvero"
.

Cosi’, pur in
presenza di quantità non esigue, o di confezioni plurime, o di entrambe le
situazioni, potrebbero essere apprezzate "altre circostanze
dell’azione"
tali da radicalmente escludere un uso non strettamente
personale (ad esempio, potrebbe risultare accertato indiscutibilmente che il
detentore, forte consumatore di droga, fosse solito acquistarla in quantitativi
non modesti frazionatamente pre-confezionati).
4. Resta da stabilire cosa intenda il legislatore nella parte in cui,
indicando il parametro della "quantità", specifica che di esso debba
tenersi conto “in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con
decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della
giustizia”
. In attuazione di tale previsione, con decreto del Ministro della
salute dell’11 aprile 2006, sono stati appunto indicati i "limiti
quantitativi massimi

delle sostanze stupefacenti
e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale"
  
(QMD: "quantitativi massimi detenibili").

Escluso che cio’
valga a invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, o a introdurre una
sorta di presunzione, sia pure non assoluta, circa la destinazione della droga
detenuta a uso non personale, a pena di violazione del principio di stretta
riserva di legge in materia penale, di cui all’art. 25 comma secondo Cost.)
nonchè di quello di presunzione di non colpevolezza (art. 27 comma secondo Cost.),
va osservato come la locuzione "in particolare", posta a
incipit
dell’inciso, riveli chiaramente che l’intento del legislatore sia
solo quello di imporre al giudice un dovere di particolare attenzione, che si
risolve in un dovere accentuato di motivazione, nel caso in cui, appunto, le
quantità detenute siano, secondo una valutazione basata su nozioni
tossicologiche ed empiriche di cui sono espressione le tabelle ministeriali,
normalmente non confacenti a "un uso esclusivamente personale".

5.
Cio’ posto in linea di diritto, va osservato che nella specie i’ giudici del
merito cautelare hanno valutato vari elementi che deponevano per la
plausibilità della tesi difensiva di un uso personale, quali il livello
reddituale dell’indagato e la circostanza che egli, consumatore abituale di
cocaina, si fosse recato per acquistare la droga a Napoli, sensibilmente
distante dal luogo di residenza, dal che derivava una antieconomicità
dell’operazione, in rapporto al quantitativo detenuto, ove la droga fosse
destinata anche in parte ad un uso non personale.

Questi apprezzamenti
in punto di fatto non sono stati sottoposti al vaglio della Corte quanto alla
loro logicità e completezza, posto che l’Ufficio ricorrente non se ne è
doluto, nè in sede di appello nè con il presente ricorso, riversando le sue
critiche alla decisione esclusivamente sul profilo della errata applicazione
della legge, sulla base di una interpretazione dell’art 73 comma 1-bis
d.P.R. n. 309 del 1990 che, per quanto sopra esposto, deve ritenersi infondata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.

 

 

 

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