AmministrativaGiurisprudenza

Condizioni per la sussistenza della violazione del giudicato da parte della pubblica amministrazione – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3415/2011

L’atto emanato dall’Amministrazione, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo, può considerarsi adottato in violazione o elusione del giudicato solo quando da esso deriva un obbligo talmente puntuale che l’ottemperanza si concreta nell’adozione di un atto il cui contenuto è integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza. Ne consegue che condizione perché possa ravvisarsi tale radicale vizio dell’azione amministrativa riposa nel riscontro della difformità specifica dell’atto stesso rispetto all’obbligo (processuale) di attenersi esattamente all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire

(© Litis.it, 14 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

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Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3415 del 07/06/2011

FATTO

Con la appellata decisione il Tribunale amministrativo regionale della Campania –Sede di Napoli – ha respinto il ricorso proposto da [OMISSIS] per la esecuzione della sentenza resa dal medesimo Tribunale amministrativo regionale n. 10615 del 20.7.2004.

L’odierna appellante aveva in proposito rammentato che – nell’inerzia dell’amministrazione comunale di Pompei- essa aveva ottenuto dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Napoli (provv. dell’8.5.2000) l’autorizzazione, ai fini ambientali, a costruire un fabbricato rurale composto di un piano seminterrato e di uno rialzato e che successivamente il Dirigente del Comune di Pompei, nel richiamare tale provvedimento ampliativo, il 15.2.2002 aveva rilasciato la relativa concessione edilizia, precisando che l’oggetto di essa era costituito dal «progetto allegato composto da tavola unica così come corretta in rosso» e, segnatamente (per come chiarito in una successiva nota) in quanto «il piano seminterrato progettato era di molto superiore a quello assentibile ai sensi dell’art. 34 e 37 del R.E. vigente».

Essa era insorta denunciando la illegittimità di tale ultima statuizione ed il Tribunale amministrativo con la sentenza n. 10615 del 20.7.2004 citata aveva annullato il provvedimento reiettivo.

Senonchè, con nota del 2.12.2004 il Dirigente del Settore Urbanistica del Comune, in pretesa esecuzione di tale sentenza, aveva annullato «la sola prescrizione relativa all’estensione del piano seminterrato», lasciando invariate le altre prescrizioni relative al medesimo piano seminterrato contenute nel permesso di costruire n. 951 del 15.2.2002.

Essa aveva denunciato l’elusività della determinazione in ultimo citata ed aveva altresì fatto presente che con un’ulteriore nota (prot. n. 40446 del 12.12.2005) il Comune di Pompei le aveva comunicato che era possibile procedere alla prosecuzione dei lavori nel rispetto della ordinanza dirigenziale del 2.12.2004, ribadendo, con riguardo all’altezza del piano seminterrato, che la stessa è stata ridotta da m. 2.70 proposti in progetto a m. 2.60.

Il primo giudice ha respinto il ricorso per l’ottemperanza al giudicato rammentando che il dictum giudiziale asseritamente violato e di cui alla sentenza n. 10615 del 20.7.2004 aveva in realtà – in conformità alla domanda della originaria ricorrente- motivato con esclusivo riguardo alla riduzione della superficie del piano seminterrato, non prendendo affatto in esame (e, dunque, non statuendo in relazione ad) alcuna delle altre prescrizioni pure contenute nel provvedimento concessorio del 15.2.2002 e ribadite in quello dell’11.6.2002.

Essa infatti nel ricorso di primo grado aveva lamentato che il Comune, senza alcuna motivazione e «del tutto illegittimamente, ha autorizzato soltanto la parziale realizzazione del piano seminterrato» avendo «interessato oltre a mq 7.50 pari a 1 mq. ogni 20 mc di costruzione da destinare ad autorimessa (…), la sola superficie ulteriore di mq. 82,50 risultante dalla proiezione del sovrastante piano rialzato».

In conformità al petitum era dato riscontrare, nella citata decisione n. 10615 del 20.7.2004 , l’affermazione per cui erano state ritenute illegittime le statuizioni comunali in quanto assunte sulla scorta «di un discutibile e criptico giudizio di sufficienza della quadratura assentita per la destinazione di cantinole e servizi tecnici relativi all’intervento assentito», pur essendo «in presenza di una norma che espressamente stabilisce la irrilevanza dei locali da adibire a cantine e servizi tecnici, senza stabilire alcun limite di superficie».

Ne discendeva quindi che sia la nota del 2.12.2004 (prot. n. 38935) – con cui il Dirigente del Settore Urbanistica del Comune, in esecuzione di tale sentenza, aveva annullato «la sola prescrizione relativa all’estensione del piano seminterrato» – che quella (prot. n. 40446) del 12.12.2005 – con cui il medesimo Comune aveva comunicato che era possibile procedere alla prosecuzione dei lavori nel rispetto dell’ordinanza dirigenziale del 2.12.2004, ribadendo, con riguardo all’altezza del piano seminterrato, che la stessa era stata ridotta da m. 2.70 proposti in progetto a m. 2.60 – non rivelavano profili di contrasto o di elusione del giudicato.

Avverso detta sentenza l’originaria ricorrente rimasta soccombente ha proposto appello sostenendo che erroneamente si era ritenuto che la sentenza “ottemperanda ” n. 10615 del 20.7.2004 si fosse limitata a statuire sul seminterrato e non avesse invece dichiarato la illegittimità di tutte le decurtazioni apportate al progetto originario .

Tale lettura risultava formalistica ed inesatta posto che – con il primo motivo dell’originario ricorso di primo grado- si era contestata la violazione e la falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 37 del R.E. del Comune di Pompei (norma, quest’ultima, sottesa alla illegittima riduzione progettuale operata dall’amministrazione comunale).

Alla odierna pubblica udienza del 12 aprile 2011 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello è infondato e merita la reiezione.

2. Il nucleo centrale della impugnazione riposa nella valutazione della nota n. 07123 del 12.12.2005, con cui il Dirigente del VI Settore OO.PP. Urbanistica – Edilizia privata – Grandi opere – Condono Edilizio – Progettazione del Comune di Pompei le aveva comunicato che era possibile procedere alla prosecuzione dei lavori nel rispetto della ordinanza dirigenziale del 2.12.2004, ribadendo, con riguardo all’altezza del piano seminterrato, che la stessa era stata ridotta da m. 2.70 proposti in progetto a m. 2.60 e ciò per consuetudine consolidata perché trattavasi di piano seminterrato che fuoriesciva dal suolo di m. 1,40 senza che la stessa cubatura venga calcolata, per cui la superficie stessa doveva avere un’altezza utile inferiore a quella abituale.

Secondo l’appellante tale “riduzione” del progetto assentibile ( che faceva seguito alla nota del 2.12.2004 -prot. n. 38935- del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune, con cui questi in esecuzione della sentenza del TAR N. 10615/2004, aveva annullato «la sola prescrizione relativa all’estensione del piano seminterrato», lasciando invariate le altre prescrizioni relative al medesimo piano seminterrato contenute nel permesso di costruire n. 951 del 15.2.2002) era errata in diritto (l’art. 33 del R.E. di Pompei prevede per i seminterrati relativi ai locali di cat. A –abitazione- che «l’altezza utile netta è di almeno m. 3,00 salvo le maggiori altezze prescritte per particolari destinazioni d’uso»), ma, soprattutto, elusiva del giudicato formatosi sulla decisione del TAR n. 10615/2004.

3.Ritiene il Collegio di non potere concordare con la tesi dell’appellante.

Deve in primo luogo evidenziarsi che l’appellante aveva censurato gli atti oggetto dell’odierna delibazione anche a mezzo di un ulteriore autonomo ricorso (recante RG n. 1044 del 2005) proposto innanzi al Tribunale amministrativo della Campania –Sede di Napoli-.

Questa ulteriore impugnazione è stata dichiarata inammissibile con la decisione n. 9715/06 laddove si è affermato che “le censure relative alla violazione/elusione del giudicato a suo tempo spiegate col ricorso per l’ottemperanza, essendo state ritenute ammissibili in quella sede e valutate nel merito, non possono oggi essere riproposte in via principale se non in violazione del principio del ne bis in idem.Sul punto il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno dunque dichiarati inammissibili.Stessa sorte patiscono i motivi di impugnazione che censurano direttamente le note dirigenziali del 2.12.2004 e del 12.12.2005 per violazione delle norme del Regolamento edilizio del Comune di Pompei, per difetto di motivazione, per falsità dei presupposti e per sviamento.

Ed infatti, proprio alla luce di quanto considerato nella sentenza n. 1974/2006, tali note, limitandosi a dare esecuzione al dictum giudiziale e richiamando a tal fine le prescrizioni già contenute nel provvedimento n. 951 del 15.2.2002 non travolte dalla pronuncia n. 10615/2004, non presentano un contenuto provvedimentale nuovo che ne consente oggi, per la prima volta, l’impugnativa. Essa, piuttosto, andava a suo tempo spiegata, anche per tali profili, avverso il permesso di costruire n. 951/2002 nei termini di legge.”.

3.1. La prospettazione appellatoria volta a sostenere che la sentenza “ottemperanda ” n. 10615 del 20.7.2004 non si fosse limitata a statuire sull’ampiezza orizzontale del seminterrato ma avesse invece dichiarato la illegittimità di tutte le decurtazioni apportate al progetto originario appare destituita di fondamento già avuto riguardo al testo della predetta decisione.

Come è agevole riscontrare dalla semplice lettura della predetta, infatti, emerge con chiarezza che l’unica decurtazione progettuale sulla quale detta decisione ebbe espressamente a pronunciarsi (annullandola) era quella relativa all’ampiezza del vano seminterrato, con esclusione di qualsiasi riferimento all’altezza del medesimo.

3.2.La costante giurisprudenza amministrativa, dalla quale il Collegio non ravvisa motivo per discostarsi, ha sin da tempo risalente affermato che “l’atto emanato dall’Amministrazione, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo, può considerarsi adottato in violazione o elusione del giudicato solo quando da esso deriva un obbligo talmente puntuale che l’ottemperanza si concreta nell’adozione di un atto il cui contenuto è integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza.”(Consiglio Stato , sez. IV, 21 maggio 2010 , n. 3223).

Ne consegue che condizione perché possa ravvisarsi tale radicale vizio dell’azione amministrativa riposa nel riscontro “della difformità specifica dell’atto stesso rispetto all’obbligo (processuale) di attenersi esattamente all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire.“(Consiglio Stato , sez. VI, 05 dicembre 2005 , n. 6963).

Nel caso di specie, per le già chiarite ragioni, tale difformità non è in alcun modo ravvisabile; ed anzi, avuto riguardo al contenuto della sentenza ottemperanda asseritamente ignorata dall’amministrazione, emerge che il Tribunale amministrativo regionale ebbe unicamente a soffermarsi sulla inconferenza della decurtazione del progetto in relazione all’ampiezza del seminterrato, ma non valutò in alcun modo le prescrizioni relative all’altezza del medesimo.

Né la circostanza che l’odierna appellante avesse inteso censurare anche detta prescrizione riduttiva può militare in senso favorevole alla tesi dalla stessa oggi sostenuta: sarebbe stato suo onere, semmai, impugnare la decisione n. 10615 del 20.7.2004 in quanto soltanto parzialmente satisfattoria della propria pretesa.

Così tuttavia non è stato, ed essa non può dolersi oggi di tale circostanza, sostenendo che l’amministrazione abbia eluso e/o violato il giudicato nascente dalla predetta decisione.

5.In conclusione il ricorso in appello è infondato e merita di essere disatteso.

6.Nessuna statuizione è dovuta sulle spese stante la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale di Pompei.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 5195 del 2006 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Garofoli, Presidente FF
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 07/06/2011

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