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Bibbiano, i giudici duri su Carletti: “Spalleggiò organizzazione per ambizioni politiche”

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Il sindaco di Bibbiano è accusato di falso ideologico e abuso d’ufficio per il giro di presunti affidi pilotati a Bibbiano. Oggi gli sono stati revocati gli arresti domiciliari

Nonostante la revoca degli arresti domiciliari, sostituiti con l’obbligo di dimora ad Albinea, resta pesante la posizione giudiziaria di Andrea Carletti. Lo confermano le parole non tenere verso il sindaco sospeso di Bibbiano, accusato di falso ideologico e abuso d’ufficio nell’inchiesta “Angeli e Demoni”, messe nero su bianco dal collegio di giudici del tribunale del Riesame di Bologna, Rocco Criscuolo (presidente) Mirko Margiocco e Rossana Maria Oggioni.

Nell’ordinanza emessa oggi in merito al ricorso della difesa di Carletti contro la decisione del gip di Reggio Emilia di rigettare l’istanza di revoca o sostituzione della misura degli arresti domiciliari, si legge infatti in premessa che le altre persone indagate nell’inchiesta- lo psicoterapeuta Claudio Foti e gli assistenti sociali dell’Unione Comuni Val d’Enza, in primo luogo Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli, oltre agli psicologici, Nadia Bolognini, moglie di Foti ed altri “in servizio presso la Asl locale”- erano “fortemente ancorati ad una visione ideologica del proprio ruolo, che li rendeva convinti di essere in grado di assistere i minori abusati con capacità e metodo loro proprio, di cui essi erano gli interpreti, uniti nella acritica convinzione della validità scientifica della loro metodologia e del loro approccio maieutico, in grado di far emergere, con valore salvifico e terapeutico, ricordi di abusi sessuali subiti da minori con personalità fragili e in difficoltà”.

Tale assioma di fondo, proseguono i giudici “era condiviso senza alcun dubbio dai protagonisti della vicenda, attuato come una vera e propria missione e intrecciato a motivazioni personali per ciascun indagato, in un misto di interessi ideologici, professionali ed economici”.

In questo quadro la figura di Andrea Carletti, come sindaco di Bibbiano e delegato alle Politiche Sociali per l’Unione Comuni Val d’Enza viene descritta così: “L’adesione ideologica di Carletti al ‘metodo Foti’ era determinata da motivazioni politiche” e finalizzata a dare “lustro alla sua figura politica”. E ancora, scrivono i giudici, “il suo programma politico era impostato sulla buona riuscita della predisposizione di servizi specializzati nella cura di bambini oggetto di molestie e sul raggiungimento di risultati di eccellenza in tale campo: la buona riuscita del progetto dedicato alla tutela dei minori si riverberava sul suo successo politico”.

Da ciò “la sua accettazione incondizionata delle modalità di operare dei coindagati, la condivisione delle operazioni e delle procedure poco limpide, non conformi ai parametri normativi, adottate dai responsabili dei Servizi Sociali”. Nel merito della nuova misura cautelare disposta, i giudici chiariscono poi: “Sussiste in primo luogo tuttora il pericolo di reiterazione di reati dello stesso tipo“. E nell’ordinanza spiegano il perché in due passaggi. Il primo riguarda alcune intercettazioni tra gli indagati che, venuti a conoscenza delle indagini a loro carico, si preoccupavano del destino dell’immobile di Bibbiano sede del centro “La Cura” dove venivano svolte le sedute di psicoterapia sui minori. Il fatto che dovesse essere dismesso perché oggetto di indagini per le irregolarità relative, “non ha comportato l’abbandono del progetto da parte degli indagati ma la ricerca assidua di un altro immobile che potesse essere adibito a nuova sede per proseguire la psicoterapia da parte di Foti e colleghi”.

Carletti in prima persona, si legge, “si adopera per reperire un immobile a tal fine proprio a Bibbiano, paese del quale è sindaco e che vuole evidentemente mantenere come fulcro delle politiche sociali da lui perseguite, dimostrando con estrema sicurezza di voler proseguire nella politica sociale che lo vedeva paladino dei diritti dei minori abusati, tuttavia incurante delle modalità con cui tale nobile scopo era attuato, anche a costo di eludere la normativa in materia e di finalizzare l’impiego di denaro pubblico al suo progetto”. Ebbene, si legge ancora nell’ordinanza, “tale atteggiamento del sindaco di Bibbiano permane immutato ad oggi, non avendo determinato alcuna modifica il tempo di tre mesi decorso in regime cautelare”.

Si cita poi un interrogatorio del sindaco del 12 agosto, in cui il primo cittadino non si dimostra affatto pentito e di fatto si dichiara pronto a rifare tutto. “Se domani semmai dovessi tornare a fare il sindaco, se venisse un soggetto, una cooperativa che si occupa di minori e di anziani e mi propone un intervento su un terreno privato e fanno l’investimento loro e io reputo che loro abbiano le caratteristiche e siano persone oneste, serie…”, dice Carletti alla Pm. Per i giudici, insomma, “emerge da questo passaggio la volontà di proseguire la sua carica di sindaco di Bibbiano con un metodo d’azione volto alla mera realizzazione di fini politici, indifferente alle regole e alla normativa sottostante”. Con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio si osserva invece “che non risultano ad oggi concreti comportamenti volti a tal fine”.

Dopo gli arresti non ha interrotto i rapporti ‘incriminati’

Tuttavia “la sospensione dalla carica di sindaco ad opera della legge Severino e la attribuzione ad altri della delega per le politiche sociali non si reputa abbiano determinato una cesura dei suoi rapporti con l’ambiente di appartenenza, in virtù dei soli tre mesi decorsi in regime domiciliare, essendo ragionevolmente tali rapporti di amicizia e colleganza politica ben radicati nel tempo e difficilmente scalfibili”. Ciò “comporta sicuramente una possibile influenza di Andrea Carletti su persone a lui vicine nell’ambito politico-amministrativo, con possibili ripercussioni negative sulle indagini”.

È comunque necessaria una misura

La “misura cautelare adeguata- concludono quindi i giudici- appare quella dell’obbligo di dimora nel Comune dove attualmente Andrea Carletti dimora e dove già erano in corso gli arresti domiciliari” che, pur rappresentando “una misura minore degli arresti domiciliari ne assicura tuttavia la medesima finalità, cioè l’impossibilità di svolgere attività pubblica e soprattutto mantenere legami e influire su amministratori e dipendenti di enti territoriali a lui vicini“.

A margine viene infine fatto notare che con i motivi di Riesame gli avvocati di Carletti contestavano la sussistenza di gravità indiziaria, ma nell’udienza di oggi hanno rinunciato al primo motivo di gravame, insistendo esclusivamente sulla mancanza di esigenze cautelari.

Fonte: Agenzia DIRE www.dire.it

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